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Favorites 2022, i migliori giochi del passato recente e remoto giocati nel 2022

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view post Posted on 20/12/2022, 21:51

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Per quello che ormai è il quinto anno di fila (e mi pareva ieri che era una rubrica nuova ma sono altri discorsi) si aprono i favorites, rubrica nata dalla constatazione che non tutti riescono a giocare una quantità significativa di giochi usciti nell'anno solare in corso. Collocare in questa classifica giochi usciti nell'anno corrente non è proibito, solo sconsigiiato. Si aprano le danze
 
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view post Posted on 6/1/2023, 13:22
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Come da tradizione, ecco i miei :D

POSIZIONE 10: KIRBY: PLANET ROBOBOT
Sì comincia davvero la classifica con la palletta rosa che mi ha accompagnato per buona parte dell’anno scorso.
Ho giocato e portato a termine ben 4 titoli di Kirby nel corso del 2022 includendo The Forgotten Land. E’ stata una bella sfida sceglierne uno tra quelli usciti prima dell’anno appena terminato, ma alla fine ho scelto Planet Robobot perché da amante di Gurren Lagann non potevo non amare un’avventura in cui trituri una macchina di dimensioni planetarie XD
Detto questo, Planet Robobot riesce più degli altri Kirby a farti avvertire la costante sensazione di potere grazie al mech, che garantisce anche una notevole varietà di meccaniche e di situazioni. L’avventura è breve come (purtroppo) gli altri Kirby, tuttavia mi sono goduto ogni secondo grazie al perenne sorpreso, merito anche di un comparto grafico superlativo per la console di riferimento e ambientazioni memorabili.

POSIZIONE 9: MARVEL’S GUARDIANS OF THE GALAXY
Puoi combattere il boss finale con “Holding out for a Hero” in sottofondo. Non ho bisogno di aggiungere nient’altro (ma lo farò lo stesso XD).
I due film di I Guardiani della Galassia sono tra i film di fantascienza del nuovo millennio che apprezzo di più; li amo alla follia. Tuttavia, dopo il deludente Avengers nutrivo più di qualche dubbio verso un gioco su licenza a tema con sopra il nome maledetto di Square Enix, specie se a farlo è Eidos Montreal, con cui ho ancora il dente avvelenato per Deus Ex.
Ebbene, stavolta sono rimasto fregato perché non ho voluto sostenere subito il miglior gioco a tema supereroistico dai tempi di Batman Arkham City.
Sapevo di non dovermi aspettare nulla di incredibile dal gameplay, e infatti l’ho trovato soltanto accettabile, ma tutto il resto è riduttivo dire che mi abbia stregato, a partire dalla sontuosa art direction fino alla scrittura di alto livello. In particolare i personaggi sono stati la mia più grande sorpresa, perché lo screen time maggiore garantito dai videogiochi gli ha addirittura permesso di superare le loro controparti cinematografiche, soprattutto Drax e Gamora. Non è un mistero la mia avversione ai titoli sulla falsariga di Uncharted, ma l’ultima opera di Eidos Montreal la porterò nel cuore, e maledirò Square Enix per averla fatta floppare.

POSIZIONE 8: SUPER MARIO 3D WORLD + BOWSER’S FURY
Se Bowser’s Fury fosse stato una produzione a tutto tondo invece di un contenuto extra, sarebbe finito in seconda posizione in questa classifica.
Quello che ha fatto Nintendo non è stato dimostrare che è possibile un Mario open world, ma che sarebbe meraviglioso. Lo Sgattaiolago di Bowser’s Fury è come se fosse una grande world map in cui si entra e si esce dai livelli senza né caricamenti né stacchi, in un’esperienza mai stata così fluida, neppure in Mario Odyssey per certi versi; un vero sguardo al futuro dell’anima tridimensionale della serie.
Come se ciò non fosse sufficiente, hanno anche pensato di ridare finalmente una dignità a Bowser in quanto boss e minaccia, perché una battaglia tra un Bowser di 50 metri e un Mario felino gigante sapete di volerla solo quando la vedete. Aggiungere altro sarebbe superfluo.

POSIZIONE 7: RETURN OF THE OBRA DINN
I giochi investigativi non dovrebbero rivolgersi ad un ampio pubblico, perché per rendere un titolo di questa tipologia soddisfacente anche in mancanza di altre meccaniche è necessario che il giocatore si debba sudare la soluzione. Lucas Pope, già autore del bellissimo Papers Please, lo sapeva, pertanto ha realizzato il suo secondo gioco con questa idea in mente.
Return of the Obra Dinn è un’avventura intrigante, con uno stile visivo accattivante e una storia marinaresca di alta qualità, ma la differenza la fa appunto il suo gameplay minimale e complesso allo stesso tempo. Pochi titoli sono capaci di restituire un’idea di essere un detective tanto autentica, perché tra la ricostruzione di uno scenario e l’altro conta OGNI DETTAGLIO, anche cose assurde a cui normalmente non penseremmo mai: un accento, una pipa gettata a terra, il luogo in cui viene trovato un cadavere.
Che piaccia o meno la risposta ad un enigma, alla fine si è sempre felice di riceverla perché siamo stato noi ad averla trovarla, non la naturale progressione dell’avventura, e questo in un videogioco significa tutto.

POSIZIONE 6: ZELDA: A LINK BETWEEN WORLDS
Se dovessi fare una classifica dei titoli del 2013, metterei l’ultimo capitolo 2D originale di Zelda in prima posizione senza pensarci un istante. A Link Between Worlds racchiude in sé i motivi per cui il game design di Nintendo non ha rivali, e il perché nessuno è riuscito –né riuscirà mai- a superare un Zelda.
Al di là della grandiosità della sua gimmick principale, il potere di diventare un dipinto, il gioco vanta un dungeon design così valido da rendere irrilevante il grave difetto della mancanza di uno scaling della difficoltà. I dungeon del gioco sono stati interamente costruiti su una gran quantità di sottosistemi che interagiscono tra loro, con un’altissima considerazione data alla percezione spaziale, perché anche la più banale parete può essere una strada. Il risultato è un titolo estremamente giocoso e intelligente in ogni cosa, incluse azioni all’apparenza banali, proprio come da tradizione Nintendo. E la stessa casa di Kyoto ha anche pensato bene di rimuovere la progressione lineare che ha colpiti gli ultimi capitoli della serie per riportare la struttura alla libertà del capostipite e del “A Link to the past” da cui riprende il setting e parte della storia. Un titolo meraviglioso dall’inizio alla fine grazie ad un’avventura che ha fatto da precursore a quel Breath Of The Wild che sarebbe uscito solo 4 anni dopo.

POSIZIONE 5: PERSONA 5 ROYAL
Devo confessarvi un segreto: non ho mai finito un JRPG (Pokémon escluso).
Fino ad ora XD
C’è tanto che potrei dire sul titolo Atlus, come il fatto che sia riuscito a risvegliarmi sensazioni rimaste sopite da troppo tempo, o che sia riuscito a farmi spendere più di 100 ore in un’unica run su un gioco, cosa che non accadeva da Breath Of The Wild.
Nonostante alcuni aspetti discutibili, Persona 5 è tante cose: cose che apprezzo, o che durante l’avventura ho imparato ad apprezzare.
E’ un gioco alla Pokémon in cui usi mostri folkloristici e divinità (del resto Shin Megami Tensei, da cui deriva lo stesso Persona, è il padre della formula), e in cui non si è costretti a sorbirsi le poverate degli ultimi giochi Game Freak. Neanche ricordo quando è stata l’ultima volta che mi sono messo a gestire la mia squadra come se stessi effettivamente preparando un deck per un’ardua sfida, e qua sono stato costretto a farlo SEMPRE. Oltre a questo, è anche un ottimo JRPG, con meccaniche semplici da utilizzare ma ben stratificate, un buon livello di sfida, e dungeon più curati di quanto ci si aspetterebbe.
Tuttavia stiamo parlando di Persona, un gioco che come Yakuza dimostra una cosa importante: se il tuo obiettivo è realizzare un gioco narrativo di genere diverso da un cRPG puro, non devi cercare di combinare la due nature, ma trattarle entrambe come la componente principale e poi dargli il giusto spazio. E’ così che la parte narrativa di Persona 5 funziona come se fosse un gioco di appuntamenti, in cui si utilizza il tempo limitato per mandare avanti la storia e svolgere le attività sociali.
Ho capito che era la scelta giusta quando ho giocato più di 5 ore prive di scontri senza provare un minimo di noia, forse perché anche in quelle fasi “sociali” mi sentivo di star continuando a “giocare”.
Probabilmente non guarderò più i giochi storydriven con gli stessi occhi.

POSIZIONE 4: SPIRITFARER
Che dire che non sia già stato detto nella recensione?
Di norma non apprezzo le produzioni videoludiche che vengono spacciate come “opere d’arte”, perché in quasi tutti i casi le ritengo un pessimo esempio di sfruttamento del medium di appartenenza. Spiritfarer è tra queste pochissime eccezioni, perché ha deciso di trattare i suoi spunti tramite il gameplay, e ha costruito una VERA giocabilità per raggiungere quell’obiettivo.
Questo merito basta e avanza per fargli avere di diritto la posizione subito prima del podio, ma Thunder Lotus ha voluto darsi da fare, mettendo su un’opera di alta qualità in quasi ogni aspetto. Un gioco indipendente di cui gli sviluppatori possono essere fieri di aver creato, mentre il giocatore sarà felice di averla potuta vivere con il proprio joypad/tastiera.

POSIZIONE 3: MONSTER HUNTER WORLD
Monster Hunter World è stata la mia sorpresa dell’anno.
Avendo recuperato prima Monster Hunter Rise, ero convinto che non avrei visto molte differenze nel core, e soprattutto temevo che mi sarebbe mancata la mobilità offerta dagli insetti, ma non si è verificata nessuna delle due cose. Anzi, non solo non è successo, ma posso dire che se avessi giocato World prima di Rise, quest’ultimo l’avrei apprezzato probabilmente la metà.
World è un gioco che mi ha spiazzato, uno dei pochi titoli usciti nella scorsa generazione che mi ha dato l’idea di essere qualcosa di “next” per quegli anni: una costante avventura in un ecosistema selvaggio curato fino allo stremo, con mostri vivi che viaggiano in mappe gigantesche che regalano caccie sempre diverse. Cacciare non significa semplicemente “combattere”, significa diventare parte della natura di Monster Hunter, per poi sfruttarla per sopraffare creature molto più forti di noi e che venderanno cara la pelle pur di non cederla a noi.
Nonostante i grossi problemi avuti con la creazione dei mostri (che hanno lasciato un roster purtroppo poco vario), Monster Hunter World è un atto di forza, un simbolo della rinascita che Capcom ha avuto dal 2017 in poi. E sono lieto di averlo finalmente giocato, perché per molti versi è stato come vivere un sogno ad occhi aperti, rammentando i tempi in cui mi sfondavo sul Monster Hunter Tri per Wii.

POSIZIONE 2: STARDEW VALLEY
Stardew Valley non è in prima posizione solo perché ha avuto la sfortuna di essere stato recuperato dal sottoscritto insieme ad un’assoluta pietra miliare dell’intero medium.
L’anno scorso mi sono scoperto amante di Animal Crossing, pertanto non è una sorpresa che subito dopo io sia andato alla ricerca di titoli simili, ma non mi sarei mai aspettato di trovare una perla grande come questa.
Stardew Valley è ciò che ottieni quando ad un titolo già di suo perfetto si aggiungono ben 6 anni di supporto, con il risultato di un’opera mastodontica, dove dopo un centinaio di ore ancora si crede di aver solo sfiorato la superficie. Coltivazioni, pastorizia, pesca, socializzazione con gli NPC, esplorazione, persino il multiplayer, questo titolo ha tutto, eppure è irrilevante rispetto al vero motivo per cui è così in alto in classifica: è il miglior gioco che abbia mai provato su Switch.
Non mi riferisco (solo) alla qualità, quanto al fatto che il titolo sembra sia nato per Switch, nonostante sia stato rilasciato prima che venisse annunciata: dopotutto, al di là della meravigliosa pixel art leggibilissima sulla console portatile e degli ottimi controlli, Stardew Valley è un perfetto per le sessioni mordi o fuggi, in cui quando si ha tempo ci si ritrova a dire “un altro giorno –in game- e poi basta”, finché non si fa notte.
Curato, immenso, rilassante e universale, queste sono le parole chiave di questa esperienza.

POSIZIONE 1: RESIDENT EVIL 4
Il non aver giocato Resident Evil 4 è stato per più di 15 anni uno dei peccati più grandi della mia intera carriera da videogiocatore.
Il titolo Capcom è uno dei più grandi videogiochi di tutti i tempi: un’opera mostruosa, simbolo di potenza ludica, di splendore visivo, e infine di rinnovamento dei titoli in terza persona. Ma non è questo il motivo per cui ho deciso di premiarlo con la prima posizione.
Esattamente come il primo Doom, la potenza del “RE” è ancora quasi del tutto inalterata, con soltanto i menù a risultare anacronistici se approcciati al giorno d’oggi. Perché RE4 era un Dio rispetto ai titoli della sua epoca, ed è rimasto il leader in parecchi aspetti, con molti titoli più recenti che possono solo sognarsi di reggere il paragone, inclusi gli altri capitoli della stessa serie: un encounter design che definire mostruoso è riduttivo, con una quantità di idee vincenti così grande da poter ricordare quasi tutti gli scontri; un bestiario di nemici standard e boss ancora adesso tra i migliori in circolazione; bilanciamento allucinante; notevole longevità.
Con RE4 non esiste quindi il discorso di dover tenere conto dell’anno, perché che venga valutato come un titolo del 2005 o del 2022 non fa alcuna differenza (ed è inoltre stata rilasciata un’eccellente mod HD per PC che migliora in modo significativo la grafica senza intaccarne la direzione artistica). Indipendentemente dalla data, la storia resta sempre la stessa: Resident Evil 4 è un capolavoro, il canto del cigno di una generazione e uno dei videogiochi più potenti che abbia mai giocato.
 
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