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Horizon Zero Dawn, Recensione di ChrisMuccio

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view post Posted on 26/2/2023, 20:38
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HORIZON ZERO DAWN



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CASA: SONY
SVILUPPATORE: GUERRILLA GAMES
GENERE: ACTION/ADVENTURE
GIOCATORI: 1

GUERRILLA SI EVOLVE


Per Guerrilla Games è giunto il momento di compiere il grande passo avanti, un salto che la porta a lasciarsi alle spalle quanto realizzato fino a quel momento e rinnovarsi con un nuovo, importante franchise. Fino a quel momento lo studio olandese è stato noto al grande pubblico internazionale per aver dato i natali a Killzone: una serie FPS capace di ottenere buoni successi, ma senza mai esprimere al massimo il suo potenziale tra capitoli dimenticabili ed altri forse fin troppo ingigantiti rispetto ai loro effettivi meriti. Nonostante ciò, Killzone ha permesso a Guerrilla di divenire un nome riconosciuto nel panorama videoludico, catalizzando l’attenzione ad ogni nuovo annuncio.
Ma dopo il dimenticabile Killzone: Shadow Fall visto nel 2013 al lancio di PlayStation 4, era ora di voltare pagina. Guerrilla prende forza e si lascia alle spalle il franchise che l’ha resa famosa, preparandosi ad esplorare strade mai percorse prima. Arriva il grande giorno dell’E3 2015: il palcoscenico Sony è la giusta occasione per svelare il futuro dello studio olandese, che annuncia lo sviluppo di Horizon Zero Dawn, un Action/Adventure di stampo open world ambientato su una Terra post-apocalittica mille anni avanti nel futuro. La protagonista del gioco, Aloy, colpisce subito critica e pubblico per il suo design accattivante ed originale, divenendo ben presto un simbolo PlayStation negli anni a venire.
Horizon si farà attendere un po’ a lungo, fino al marzo del 2017, dopo una lunga serie di trailer e dichiarazioni che hanno montato un forte hype nei confronti della nuova IP firmata Guerrilla. Accolto come uno dei titoli di punta di PlayStation 4, l’avventura di Aloy rispetto le aspettative ma senza centra appieno l’obiettivo: Guerrilla Games compie il suo primo passo verso una nuova, importante via, ma la strada per raggiungere l’eccellenza è ancora lunga.

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L’AVVENTURA DI ALOY

Siamo negli Stati Uniti del 31° Secolo, tra il Colorado, il Wyoming e lo Utah. O meglio, di ciò che rimane degli Stati Uniti, ormai completamente in rovina dopo che la civiltà moderna è stato spazzato via dalle Macchine, esseri robotici senzienti che hanno preso il controllo della Terra e portato il genere umano sull’orlo dell’estinzione. Nonostante la fine del vecchio mondo, gli uomini sono sopravvissuti fino al nuovo millennio, divisi in tribù primitive dotate però di un certo grado di tecnologia che permette loro di portare avanti la propria esistenza. Per quanto possibile, umane e Macchine convivono in questo nuovo ordine mondiale, con i primi che, quando necessario, vanno a caccia di creature robotiche per raccogliere preziose parti di ricambio o per commerciare con altri insediamenti.
Da una misteriosa struttura situata all’interno di una montagna, all’improvviso viene generata una bambina, Aloy. Temendo che la sua natura non fosse umana, non avendo ben chiara come è avvenuta la nascita di Aloy, le matriarche della Tribù dei Nora decisero di esiliarla subito appena nata, rendendola un’emarginata (un individuo senza tribù costretto a vivere ai margini della società senza averne nessun contatto). A prendersi cura di lei sarà Rost, emarginato a sua volta, che la crescerà come fosse sua figlia.
Un giorno, all’età di 7 anni, Aloy scivola all’interno di una struttura degli Antichi, ossia della razza umana esistente prima dell’avvento delle Macchine. La bambina, spinta da un’enorme curiosità verso quella strana struttura completamente diversa da qualunque cosa avesse visto fino a quel momento, entrerà in possesso di un Focus, un apparecchio che, una volta attivato, le permette di raccogliere un’infinita quantità di informazioni sull’ambiente circostante e soprattutto di scansionare file e documenti antichi che le permettono di scoprire verità incredibili sul mondo che c’era prima.
Nonostante l’enorme reticenza di Rost, che le intima di liberarsi di quell’oggetto potenzialmente pericoloso, Aloy lo utilizza per salvare la vita ad un ragazzo della tribù Nora, salvo poi essere cacciata via malamente dal padre di quest’ultimo in quanto emarginata. Stanca di quel tipo di vita ai margini e desiderosa di scoprire la verità sulle sue origini, l’obiettivo di Aloy diviene farsi nuovamente accettare dai Nora. Il solo modo per riuscirci è affrontare e superare la Prova della tribù, impresa non di poco conto ma che la ragazza intende superare senza esitazione: per questo motivo, negli anni successivi, Rost la addestra al combattimento e l’esplorazione per prepararla alla grande sfida che l’attende, consapevole che, qualora Aloy dovesse trionfare ed essere nuovamente accettata tra i Nora, ciò comporterebbe la fine di ogni rapporto tra loro in quanto tra emarginati e membri di tribù non può esserci nessun tipo di contatto.
Un’Aloy ormai divenuta giovane donna è finalmente pronta per affrontare la Prova e cambiare per sempre la sua vita. Ciò che non sa è che la Prova per davvero sconvolgerà la sua esistenza, ma non per i motivi immaginati: ben resto la ragazza si ritroverà a combattere non solo contro le Macchine, ma anche contro un intero gruppo ostile dalle intenzioni tutt’altro che chiare, che sembra stia portando avanti dei piani oscuri che potrebbero cambiare ancora una volta il volto del mondo. Aloy dovrà farsi quindi carico di un importante fardello, nel frattempo che esplora un vasto mondo pieno di meraviglie ma anche di terribili pericoli.
La narrativa di Horizon Zero Dawn non è probabilmente la più originale in circolazione ed ha anche più di una problematica in termini di struttura che non le permette di spiccare il volo, ma nonostante questo sa ugualmente come offrire spunti interessanti. Le tematiche post-apocalittiche ormai da tempo sono una costante (talvolta anche abusata) in vari medium d’intrattenimento, dai videogiochi al cinema passando per la letteratura, ma il titolo Guerrilla riesce ad attirare l’attenzione con un’infinità di documenti, note audio e qualche video tramite ologramma che spiegano in grande dettaglio i retroscena su quel mondo di 1000 anni prima popolato dalla vecchia civiltà, e come quel mondo sia poi collassato in seguito all’arrivo delle Macchine senzienti.
Scoprire un poco alla volta le ragioni che hanno portato alla fine del vecchio mondo, così come la genesi delle Macchine e come hanno preso il sopravvento è forse l’aspetto più interessante dell’intero impianto narrativo di Horizon, nel frattempo che un poco alla volta ci svela sempre più segreti anche sulla nascita della stessa Aloy e di quanto sia cruciale il suo ruolo per impedire che il mondo collassi ancora una volta su sé stesso. Le interazioni della protagonista con il misterioso Silens, inoltre, valorizzano ulteriormente queste specifiche tematiche della trama, rendendole ancora più dense di mistero ed invogliando sempre di più il giocatore a scoprire cosa realmente è accaduto un millennio fa e cosa rischia di accadere nuovamente.
La stessa Aloy è un personaggio dalla caratterizzazione accattivante, che regge molto bene la scena rivelandosi una protagonista dalla forte personalità che sa come intrattenere grazie alla sua risolutezza e alle sue spalle larghe, talmente larghe da farsi carico di un fardello incredibile per quella che, in fondo, è ancora una giovanissima ragazza.
Tuttavia, tolti questi aspetti, il resto della narrativa non riesce a conquistare fino in fondo a causa di sviluppi della storia poco incisivi, talvolta anche frettolosi, e non gestiti con il giusto pathos ed approfondimento. Il conflitto in superficie che coinvolge le Macchine e il temibile gruppo dell’Eclissi non coinvolge come dovrebbe ed offre uno sviluppo degli eventi abbastanza prevedibile e senza grossa originalità, portando infine ad una conclusione che svolge il suo compito senza strafare.
Il motivo dietro a un coinvolgimento narrativo non adeguatamente marcato potrebbe in larga parte dipendere dalla caratterizzazione dei personaggi e dalla scrittura dei dialoghi, non proprio brillanti. Tolti Aloy e Silens, infatti, tutti gli altri comprimari (compreso lo stesso Rost, il cui ruolo non viene affatto valorizzato nel corso degli eventi) hanno delle personalità piuttosto anonime ed il loro ruolo all’interno della vicenda è fin troppo marginale per riuscire a conquistare a pieno l’interesse dei giocatori. Ci si dimentica ben presto della loro presenza, mero contorno poco incisivo, e si concentrano gli sforzi più sul gioco vero e proprio che sulla sua trama, senza grossi rimpianti.
Non ci fosse stata la componente relativa all’antica civiltà, all’origine delle Macchine ed alla nascita di Aloy (tutti aspetti tra l’altro scritti con molto più impegno e creatività, quasi come se il team di sceneggiatori fosse diviso in due data la diversa qualità delle due anime del racconto), Horizon Zero Dawn rischiava di essere completamente dimenticato su questo fronte. In questo modo, invece, si salva un po’ in calcio d’angolo riuscendo a dimostrarsi interessante, ma comunque non memorabile nel suo insieme.

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UN MONDO POPOLATO DA MACCHINE

In Horizon Zero Dawn la regola è una sola: sopravvivere alle insidie di un mondo tanto evocativo quanto pericoloso, dove le minacce non sono rappresentate soltanto da tribù umane ostili, ma anche dalle numerose Macchine che ormai dominano il pianeta con i loro infiniti numeri e le loro imponenti dimensioni. Fortunatamente Aloy ha tutto l’occorrente necessario per dare filo da torcere a qualunque ostacolo, non solo in termini fisici ma anche tra le risorse a sua disposizione, quanto basta per renderla una guerriera completa e versatile in ogni situazione.
La ragazza è agile e può schivare facilmente l’offensiva nemica a suon di capriole e scatti in avanti, per poi passare al contrattacco con il suo poderoso Arco, prezioso per il combattimento sulle lunghe distanze, senza però dimenticare l’utile lancia per gli scontri ravvicinati quando necessario. Il corpo a corpo è in genere l’approccio meno consigliato, soprattutto quando si affrontano le creature robotiche indipendentemente dalle loro dimensioni, ma spesso può fare la differenza e si rivela utile non solo per assestare colpi di grazia risparmiando preziose munizioni, ma permette anche di staccare interi pezzi di metallo dai mostri meccanici che possono essere riutilizzati come preziose risorse per l’equipaggiamento o per ottenere ricompense economiche sostanziose.
In ogni caso, l’attacco dalle lunghe distanze con l’arco resta sempre la tattica migliore. Oltre alle frecce standard, Aloy può contare su utili varianti (come dardi elettrici o infuocati, in grado di arrecare maggiori danni sia attivi che passivi se mandate a segno con successo) e può anche allestire trappole di vario genere per mettere ancora più in difficoltà ogni nemico, ottenendo in questo modo utili vantaggi in battaglia. La giovane donna può anche contare su una discreta varietà di esplosivi che, se utilizzati con intelligenza, si rivelano preziosi per massimizzare ancora di più i danni inflitti, sia ai singoli nemici che ad avversari multipli.
L’equipaggiamento di Aloy è dunque piuttosto variegato, con la possibilità inoltre di potenziarlo o di ottenere varianti ancora più potenti proseguendo nel gioco, spesso venduti dai mercanti sparsi per i vari centri abitati assieme a tante altre risorse utili per trappole ed esplosivi. È importante non essere mai a corto di questi preziosi oggetti, dato che molto spesso possono fare la differenza tra la vita e la morte.
E poi va detto: il combattimento contro le Macchine è decisamente il fiore all’occhiello del gameplay. Oltre ad essere piuttosto numerose, infatti, ciascuna di queste temibili creature richiede una propria strategia precisa per essere affrontata, spingendo il giocatore a sperimentare diverse combinazioni con le risorse a sua disposizione per capire quale può essere la più efficace da utilizzare contro una determinata tipologia di nemico. Ancora più divertente, poi, quando si sblocca l’abilità dell’Override, che permette di sovraccaricare le Macchine ed aggirare la loro memoria in modo tale che diventino docili ed al nostro servizio sia in combattimento, sia per l’esplorazione (possono ad esempio essere utilizzato come mezzo di locomozione in modo così da coprire grosse distante in tempi molto più ristretti). Chiaramente l’Override non funziona subito con ogni tipo di nemico robotico e necessita a sua volta di essere potenziato per funzionare adeguatamente, ma è indubbiamente una risorsa molto utile che consente ad Aloy di avere ulteriori vantaggi tattici contro avversari singoli o multipli.



A nostro ulteriore vantaggio non bisogna inoltre dimenticare la disponibilità del Focus, piccolo marchingegno iper-tecnologico che permette ad Aloy non solo di avere un quadro chiaro dell’ambiente circostante (come cercare indizi preziosi sulla posizione di un determinato nemico od obiettivo), ma anche di studiare le routine comportamentali delle Macchine, i loro percorsi e di conseguenza prepararsi ad allestire eventuali trappole con cui danneggiare preventivamente il nemico. Il Focus, se utilizzato bene, offre anche risvolti tattici ai combattimenti, rendendoli ancora più stimolanti a seconda del livello di difficoltà selezionato. Horizon non è un gioco particolarmente ostico, ma sa come essere punitivo se si sottovaluta la pericolosità degli avversari e non si usano adeguatamente gli equipaggiamenti a disposizione, pertanto è sempre bene ragionare prima di gettarsi a capofitto nella mischia.
Oltre alle Macchine, comunque, non mancano spesso scontri anche con altri esseri umani, che tuttavia si rivelano meno stimolanti rispetto ai “nemici principali” del gioco. Gli umani sono infatti mossi da un’IA non proprio brillante e non rappresentano mai una seria minaccia, ed ecco quindi che le battaglie contro altre tribù non sempre regalano gli stimoli necessari per entusiasmare. Anche qui, in ogni caso, è bene non sottovalutare questi “stupidi” uomini: in gruppo infatti possono rivelarsi molto pericolosi, ed ancora una volta gettarsi a capofitto nel campo di guerra senza un’adeguata preparazione può portare a morte certa. Fortunatamente punti di salvataggio e checkpoint abbondano in gran quantità, dunque non si corre mai il rischio di dover ripetere intere sezioni di gioco in caso di sconfitta.
Passando invece alla struttura delle missioni principali, Horizon Zero Dawn regala buone soddisfazioni: gli incarichi della main quest sono tutti nel complesso ben strutturati ed anche piuttosto vari tra loro, alternando cacce alle macchine, combattimenti senza sosta, esplorazione e momenti narrativi con continuità e con un buon ritmo che permette alla storia principale di rivelarsi godibile in termini ludici. Ogni missione superata ed ogni grosso nemico abbattuto ci ricompensa anche con punti EXP in gran quantità, molto preziosi per potenziare velocemente Aloy e prepararla così alle insidie delle fasi avanzate (sebbene sia necessaria una continua ricerca di risorse per renderla forte a sufficienza, come vedremo poi nel prossimo paragrafo).
Non solo combattimenti comunque dato che, come detto, diverse missioni lasciano spazio anche alla pura esplorazione, con tanto di vari enigmi da risolvere per proseguire oltre. I rompicapi non sono nulla di particolarmente complesso o articolato, va detto, ma rappresentano in ogni caso una gradita variazione sul tema che cerca di dare un tocco di varietà in un ad un gameplay che in certi casi rischia di sfociare nella ripetitività, soprattutto a causa della ridondanza dei contenuti secondari (anche questi rimandati al prossimo paragrafo).
Sicuramente nella gestione di inventario e risorse c’è qualche macchinosità che richiede un attimo di tempo per essere assimilata (come ad esempio un inventario che si riempie molto velocemente e che richiede parecchie risorse per essere ampliato, oltre al fatto che il Fast Travel richiede il consumo di specifici oggetti per essere effettuato), però nel complesso le meccaniche base del gioco funzionano e si rivelano anche piuttosto intriganti. La main quest pure dimostra di funzionare bene e, salvo qualche missione che tende a riproporre strutture ludiche e di design già sperimentate, ha quanto serve per intrattenere a lungo. A tal proposito, la storia principale richiede all’incirca una ventina di ore per essere completata, un numero che può anche raddoppiare qualora ci si voglia cimentare nei contenuti secondarie dell’opera e nell’esplorazione della vasta mappa dei gioco. Tuttavia, è proprio da questi aspetti che emergono le vere e proprie criticità di Horizon Zero Dawn, tali da non consentirgli di esprimere al massimo il suo comunque innegabile potenziale.

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TRA TRIBU’ E UOMINI IN DIFFICOLTA’

Constatato che la qualità dell’avventura principale dimostra sufficienti frecce al suo arco per rivelarsi intrigante e con diversi spunti interessanti, è quando si arriva a tutto il contorno che si nota come la struttura ludica di Horizon Zero Dawn non si poggi su fondamenta indistruttibili. Intendiamoci, il gioco resta godibile e le sue meccaniche di base funzionano, ma il mondo di gioco costruito attorno al cuore pulsante del gameplay non sempre riesce a valorizzarlo come si deve.
Il problema principale dell’opera Guerrilla è quello di offrire, sostanzialmente, un open world dalla struttura decisamente classica e senza grossi spunti: una mappa di generose dimensioni riempita con un quantitativo quasi stomachevole di segnalini e punti d’interesse, al punto tale che, nelle fasi avanzate dell’avventura, saranno così numerosi che quasi si farà fatica a riconoscere la mappa stessa.
Tra punti per il fast travel,creature robotiche in grandi quantità, risorse di vario genere ed ovviamente le immancabili missioni secondarie, Horizon Zero Dawn all’apparenza sembra straripare di contenuti come se non ci fosse un domani, lasciando intendere che c’è tutto l’occorrente per intrattenersi a lungo senza correre il rischio di rimanere con le mani in mano. Anche perché la raccolta delle risorse (ce ne sono svariate decine di tipologie diverse) è fondamentale in termini di gameplay: che si tratti di raccogliere munizioni per l’arco, strumenti per fabbricare le trappole, oggetti indispensabili per ampliare la portata dei nostri inventari o merce di scambio per ottenere altri preziosi elementi, tra una missione e l’altra è sempre caldamente consigliato cimentarsi con la raccolta di quanti più materiali possibili, in modo così da potenziare a dovere Aloy e prepararla per le sfide più ardue dell’avventura.
Il problema è che la continua ripetizione di quest’attività a lungo andare inizierà a far sentire il proprio peso, rivelandosi monotona, ripetitiva ed a tratti asfissiante. Vero che non c’è quasi nessun angolo dello scenario ad essere privo di qualche spunto, che si tratti di una risorsa o di un nemico da affrontare, tuttavia la grande vastità di oggetti da raccogliere rendono in ogni caso il lavoro di ricerca e di raccolta di queste risorse molto stancante sul lungo termine. A peggiorare la situazione, il fatto che sia quasi indispensabile farlo periodicamente: senza adeguati equipaggiamenti, Aloy avrà vita dura progredendo nella storia e di conseguenza il rischio di uno stallo si fa concreto date le sfide più ardue che attendono il giocatore con il passare delle ore.
Certo, a velocizzare un po’ le cose ci pensano anche i tanti incarichi secondari a cui si può prendere parte, che consentono anche di guadagnare discrete quantità di EXP extra con cui potenziare la protagonista permettendole di poter gestire più facilmente le ostilità più pericolose e gli equipaggiamenti migliori. Ma anche in questo caso le missioni secondarie seguono il tipico stile delle attività che ci si aspetta da un tradizionale open world: fetch quest a pioggia, classici NPC da aiutare in missioni di recupero o di uccisione di un bersaglio, Macchine da cacciare, avamposti di tribù nemiche da liberare e conquistare, qualche sporadico rompicapo da risolvere e così via. Sulla carta la quantità non manca, a latitare è però la qualità dato che la maggior parte di queste attività si rivelano non sono monotone nell’esecuzione ed elementari nella struttura, ma anche poco stimolanti e realizzate senza grossi sforzi.
Certo, completare attività simili consente anche di allargare le proprie conoscenze sul mondo di gioco, approfondendo un po’ di più la lore e la narrativa di Horizon, ma spesso la ricompensa non è sostanziosa abbastanza da giustificare la continua ripetizione di incarichi tutti troppo simili tra loro e che solo in rari casi riescono un minimo a rivelarsi più coinvolgenti.
Ad un certo punto il desiderio di volersi concentrare solo sulla main quest inizia a farsi sempre più forte, anche perché è dalla storia principale che emergono i momenti e le missioni migliori del titolo Guerrilla, tuttavia la necessità di dover regolarmente e costantemente impegnarsi negli aspetti di contorno per essere forti a sufficienza per proseguire nella trama non solo rischia di spezzare il ritmo dell’avventura stessa, ma rende più pesante proseguire fino in fondo. Ed è un peccato perché, come detto in precedenza, Horizon Zero Dawn gli spunti interessanti li ha eccome. Semplicemente si perde in quel marasma di contenuti ed attività che solo all’apparenza sembrano dare più consistenza al prodotto complessivo, ma che invece ci ricordano ancora una volta che “il troppo stroppia” è un detto purtroppo spesso valido nei moderni open world.

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POST-APOCALISSE ROBOTICA

Le qualità di Guerrilla Games sul fronte tecnico sono ben note da anni. Già con i Killzone lo studio olandese aveva dimostrato il suo talento nello sfruttare al massimo gli hardware delle console PlayStation dando vita a realizzazione grafiche impressionanti e una grande cura nella caratterizzazione dei mondi di gioco. Al lancio di PlayStation 4, Killzone: Shadow Fall fu in grado di offrire un chiaro assaggio delle potenzialità dell’allora nuova piattaforma Sony in termini tecnici, ma oltre tre anni dopo, e con un Decima Engine ulteriormente perfezionato, Guerrilla si è spinta ancora oltre creando per Horizon Zero Dawn non solo un mondo evocativo ed affascinante, ma anche stupendo da vedere.
Gli scenari di gioco non solo sono assai variegati, ma impressionano anche per l’enorme cura riposta in ogni dettaglio: che si tratti della precisione delle orme lasciate sulla neve o delle tempeste di sabbia in mezzo al deserto, attraversando i manti erbosi delle tante praterie e boschi presenti, esplorare l’open world di Horizon sa regalare enormi soddisfazioni agli occhi con i suoi panorami mozzafiato e le sue innumerevoli sfumature, ulteriormente valorizzate da effetti d’illuminazione, ombre e riflessi all’avanguardia proprio come gli effetti speciali.
Spettacolare anche la caratterizzazione estetica delle tribù in termini di look e vestiario, così come anche delle città/villaggio che sarà possibile visitare continuamente tra storia principale ed attività secondarie, ma sono soprattutto le imponenti Macchine che popolano le terre esplorate da Aloy a lasciare il segno: le creature robotiche non solo risultano piuttosto numerose, ma ciascuna di essa gode di un proprio design curatissimo e specifico in ogni elemento che conferisce loro grande unicità, che si tratti di combatterle o anche solo di ammirarle. Gli autori hanno dato pieno sfogo alla loro fantasia creando animali cyborg dall’innegabile impatto scenico, conferendo in questo modo unicità all’opera Guerrilla anche sul fronte grafico. Una menzione la merita anche la modellazione dei volti dei personaggi, in particolare di Aloy, curati e credibili in dettagli ed imperfezioni. Unico neo, forse un po’ inespressivi, quantomeno per i personaggi secondari.
Il tutto poi scorre fluido e con ben poche incertezze sul fronte tecnico, tolto qualche bug ed alcuni caricamenti abbastanza lunghi. Sono rarissimi i casi di glitch più problematici, e il tutto scorre liscio come l’olio grazie anche ad un framerate stabile.
Anche sul lato sonoro siamo davanti ad un lavoro encomiabile: le musiche di sottofondo, a partire dalla main theme del gioco, risultano ben orchestrate e piacevoli da ascoltare, mentre il doppiaggio in lingua italiana è recitato con grande impegno e con le giuste tonalità, dimostrando un grande lavoro che non fa rimpiangere il parlato in inglese. Spettacolari ed inquietanti al punto giusto anche gli effetti sonori relativi alle Macchine, che tra grida e parti danneggiate rendono le battaglie ancora più immersive e credibili.



UN NUOVO INIZIO

Archiviata la serie di Killzone, per Guerrilla Games inizia un nuovo corso nel 2017. L’uscita di Horizon Zero Dawn porta lo studio olandese a gettarsi nel campo degli Action/Adventure Open World, terreno fino a quel momento mai sperimentato a fondo dal team ma che gli consente di trovare rinnovata popolarità tra gli appassionati PlayStation. E per Guerrilla questo nuovo corso è iniziato bene, seppur non benissimo.
È indubbio che l’avventura di Aloy abbia più di una freccia al suo arco che le consente di rivelarsi un prodotto intrigante nel suo genere. Se da un lato è vero che la struttura ludica poggi le basi sulla più classica impostazione open world immaginabile, dall’altro gli autori sono riusciti a renderla quanto più interessante possibile. Non è solo merito del contesto post-apocalittico immaginato da Guerrilla, che ci proietta 1000 anni avanti in un futuro in cui si mescolano tecnologia e vita primitiva dando vita ad un connubio a suo modo unico nel genere, ma anche dei nemici principali dell’avventura, le temibili Macchine presenti in diverse varianti e che richiedono sempre approcci diversi per essere affrontate.
È attorno a queste tipologie di nemici che Horizon costruisce la sua fortuna, rendendole non solo evocative alla vista, ma anche spettacolari da combattere: ciascuna di queste creature richiede infatti una specifica strategia per essere affrontata, studiando attentamente l’ambiente circostante e sfruttando con intelligenza tutte le risorse attive e passive a nostra disposizione. Ed ecco che il sistema di combattimento viene valorizzato al meglio, rivelandosi intrigante e ben strutturato oltre a garantire anche un soddisfacente grado di sfida.
Splendida anche la caratterizzazione visiva del mondo di gioco immaginato dagli sviluppatori, curatissimo in termini tecnici e capace di mozzare il fiato con i suoi panorami e la sua pregevole direzione artistica, sorretta da un accompagnamento sonoro di valore (coinvolgente la main theme, splendido l’utilizzo degli effetti sonori). Anche la main quest si difende bene, offrendo incarichi piuttosto vari e che alternano sapientemente azione, esplorazione e narrativa tenendo alta l’attenzione del giocatore.
Ci sarebbero quindi le basi per considerare Horizon Zero Dawn una delle esclusive PlayStation più brillanti. Tuttavia, quelle meraviglie hanno un rovescio della medaglia che rischia di metterle in ombra. Se infatti la quest principale nella sua interezza sa intrattenere, lo stesso non si può dire del contorno secondario, che finisce con il diventare ridondante nel giro di poco tempo e con troppi incarichi dalla struttura elementare e fin troppo simili tra loro. All’atto pratico, poi, l’open world di Horizon cade vittima delle tipiche problematiche di questa categoria: favorisce la quantità alla qualità, l’accumulo alla sostanza, ed ecco che nel giro di poco tempo l’intera mappa viene bombardata di segnalini volti a dare l’impressione di avere tantissimo da fare quando poi, stringi stringi, di concreto c’è poco oltre al festival della monotonia e della ripetitività. Viene quasi spontaneo ad un certo punto focalizzarsi solo sulla main quest, se solo non fosse spesso necessario cimentarsi con le inconsistenti attività collaterali per ottenere gli EXP e le risorse necessarie a rendere Aloy forte abbastanza per affrontare le missioni avanzate.
Anche la stessa narrativa vive una continua altalena di luci ed ombre. Da un lato si resta intriganti da tutti i risvolti legati al pre-apocalisse, con rivelazioni e colpi di scena azzeccati, dall’altro è difficile ignorare un cast di personaggi anonimo e privo di mordente (si salva giusto la stessa Aloy e, in misura minore, l’enigmatico Silens) oltre a dialoghi dalla scrittura non sempre convincente.
Horizon Zero Dawn sembra quasi muoversi con il freno a mano tirato, come se fosse pronto più volte a spiccare il volo ma senza mai farlo davvero. È come se a Guerrilla fosse mancato il coraggio di osare, di andare oltre fino in fondo, finendo invece con il restare ancorato alle sue limitazioni e contraddizioni. Ed è un vero peccato, perché la sostanza ci sarebbe pure, il mordente non manca, le buone idee sono presenti ed un assaggio del talento del team olandese si avverte forte in quelle diverse ore necessarie per giungere ai titoli di coda. Eppure, manca qualcosa per poter parlare di Horizon Zero Dawn come di un gran gioco a tutti gli effetti. Il potenziale c’è tutto: deve soltanto essere espresso appieno.

VOTO FINALE : 7.5

 
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