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Dead Space 3, Recensione di ChrisMuccio

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view post Posted on 24/4/2023, 18:59
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DEAD SPACE 3



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CASA: ELECTRONIC ARTS
SVILUPPATORE: VISCERAL GAMES
GENERE: ACTION/HORROR
GIOCATORI: 1-2

CHIUDERE LA TRILOGIA


Dopo le grandi cose fatte da Electronic Arts e Visceral Games con i primi due Dead Space, le aspettative nei confronti del terzo capitolo erano inevitabilmente stellari. Del resto le orrorifiche disavventure dell’ingegnere Isaac Clarke erano riuscite ad imporsi come la serie horror di riferimento nella generazione PS3/Xbox 360: pur con una contaminazione Action (più marcata in Dead Space 2) fino a quel momento la serie di EA aveva dimostrato qualità ed atmosfere degne di essere accostate ai capisaldi del genere, creando suspense, tensione ed angoscia grazie a scenari indimenticabili e, soprattutto, nemici come i temibili Necromorfi entrati subito nell’immaginario collettivo dei videogiocatori.
Dead Space 3 ripartiva dunque dalle basi dei due predecessori con lo scopo di elevare ulteriormente la sua formula ludica, preparandosi a dare risposte significative ai tanti dubbi narrativi rimasti in sospeso e portare ad un livello ancora superiore il connucio Action/Horror messo in mostra dai predecessori.
Ma EA aveva anche dei chiari obiettivi commerciali da raggiungere, e voleva che il terzo capitolo andasse ben oltre quanto raggiunto dai primi due giochi principali, campioni di qualità ma meno di vendite, almeno non quanto sperato dalla compagnia americana. Come muoversi per attirare un pubblico più vasto, dunque? Semplice: si cerca di seguire i trend dell’epoca e si cavalca l’onda di ciò che piace alle masse, dunque azione senza sosta, componenti multiplayer cooperative ed atmosfere horror più diluite per venire incontro anche alle esigenze di chi non si ritrova in atmosfere così oscure, in jumpscare e nella tensione troppo marcata.
Insomma, Dead Space 3 si trasforma ancora di più in un puro Third-Person Shooter dalle tinte horror, mettendo parzialmente da parte ciò che lo aveva reso così amato soprattutto agli inizi. Il che, da un lato, non deve essere visto per forza come un male, se dietro ci sono comunque idee e la voglia di fare grandi cose in termini di storia, avventura, level design e combattimenti. E del resto Dead Space 3 deve anche chiudere al meglio una trilogia simbolica della sua generazione.
Purtroppo però, nel tentativo di venire incontro in maniera sempre più marcata alle esigenze della massa e con l’obiettivo di creare un successo non solo qualitativo ma anche commerciale, EA si perderà per strada, non riuscendo a centrare l’obiettivo. Perché pur rivelandosi comunque un prodotto che si lascia giocare, Dead Space 3 sembra aver perso la scintilla che rese grandi i due capitoli precedenti.

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IL TRIANGOLO HORROR

Tre anni dopo le vicende vissute sulla Sprawl, Isaac Clarke è al punto più basso della sua vita: ha passato gli ultimi anni in fuga dal governo terreste, e non vuole più saperne di combattere i Marchi e le epidemie di Necromorfi che continuano a minacciare la galassia. La sua continua fuga dalle sue responsabilità porterà alla rottura della relazione tra lui ed Ellie Langford, altra sopravvissuta della Sprawl che al contrario vuole trovare un modo per fermare una volta per tutte la minaccia dei Marchi.
Isaac continua a far perdere le sue tracce e si nasconde in una colonia costruita sulla Luna terrestre, quando viene improvvisamente raggiunto da due ufficiali del governo, Robert Norton e John Carver, che hanno bisogno dell’aiuto di Isacc per rintracciare Ellie,che ha fatto perdere le proprie tracce. Riluttante, l’ex ingegnere è costretto ad accettare non solo per amore nei confronti dell’ex compagna, ma anche perché un gruppo di Unitologisti ribelli, guidati dal folle predicatore Jacob Danik, è sulle sue tracce. Gli Unitologisti al servizio di Danik riescono a trovare Isaac, e danno nel frattempo il via ad una nuova epidemia di Necromorfi attivando il Marchio presente sulla Luna.
Scampato per miracolo all’epidemia ed ai soldati di Unitology, Isaac, Carver e Norton riescono a ritrovare Ellie: assieme ad una propria squadra, la ragazza si trova nei cieli sopra Tau Volantis, che si presume essere il pianeta natale dei Marchi e dove tutto ha dunque ha avuto inizio secoli prima. Ellie vuole andare fino in fondo e trovare il modo per fermare la minaccia partendo proprio dalle origini, nonostante Norton, suo nuovo fidanzato, sia fortemente riluttante all’idea. Partendo dai resti della stazione spaziale Terra Nova, dove molto tempo prima vennero avviate le prime ricerche sui Necromorfi, Isaac, Ellie ed il resto del gruppo si mettono alla ricerca di un modo per raggiungere il pianeta, scoprire tutta la verità sui Necromorfi e salvare così la razza umana dalla minaccia aliena. Tutto questo ignari del fatto che gli Unitologisti di Danik sono sulle loro tracce e che, al contrario, vogliono far ripartire la Convergenza che li “renderà di nuovo uno”.
La base narrativa di Dead Space 3 aveva tutte le carte in regola per sfondare. Sin dai primi momenti dell’avventura si respira davvero aria di “capitolo conclusivo”, nel senso di gioco che si prepara a far venire tutti i nodi al pettine dando ai giocatori le risposte che cercano sin dal primo episodio, dalle origini dei Marchi alla verità sui Necromorfi e la Convergenza. Ed in verità diverse premesse vengono rispettate: le risposte arrivano, sono nel complesso coerenti e sensate con le basi poste da EA negli altri giochi della serie e non mancano di regalare alcuni sviluppi significativi per tutto il background narrativo della saga.
Eppure, di fronte a diverse luci non mancano però altrettante ombre che impediscono alla trama di farsi ricordare con piacere. Il grosso errore commesso dagli sceneggiatori è solo uno: l’aver costruito gran parte della narrativa attorno ad un “triangolo amoroso” tra Isaac, Ellie e Norton che non solo appare totalmente fuori luogo nel tipo di tematiche trattate nel gioco, ma è gestito anche in una maniera talmente adolescenziale da risultare quasi imbarazzante. Tutta la prima metà della storia, e pure qualcosa oltre, si basa sulle continue scaramucce sentimentali tra i due “maschi alfa” volti a contendersi la pollastrella di turno, con dialoghi, battutine ed insulti che sembrano provenire per davvero dai banchi di una scuola media a caso.
Ciò non solo ammazza irrimediabilmente l’atmosfera del gioco, che quasi si dimentica di essere un Survival Horror alla radice, ma appiattisce anche la caratterizzazione stessa dei personaggi, a partire da un Isaac Clark che sembra irriconoscibile rispetto al personaggio visto in Dead Space 2. Norton è solo irritante nel senso più negativo del termine, mentre Ellie non perde occasione per fare un po’ la gattamorta della situazione fomentando a suo modo la rivalità tra i suoi due amanti. Il punto è questo: in un gioco come Dead Space, per ciò che rappresenta e per quelle che sono sempre state le sue atmosfere e premesse narrative, una love story degna del più banale dei teen movie non è solo completamente fuori luogo, ma ammazza totalmente atmosfera ed immersione, facendo venire meno anche il focus sulla narrativa vera e propria.
Certo, va detto che questa tematica non coinvolge l’intero gioco e ad un certo punto viene messa da parte per tornare finalmente a concentrarsi su ciò che conta davvero, ma forse lo fa un po’ troppo tardi, rendendo un po’ sbrigativi gli sviluppi cruciali che caratterizzano l’ultima fase del gioco, che avrebbero meritato molto più spazio ed avrebbero potuto rendere decisamente di più se solo gli autori non avessero voluto puntare così tanto sul romanticismo più stucchevole e fuori luogo.
È un peccato, perché la storia vera e propria di Dead Space 3 in verità non sarebbe nemmeno male (ed i consueti audio e textlog che si recuperano approfondiscono ancora di più la narrativa con tanti interessanti retroscena e dettagli) ed ha anzi i suoi momenti memorabili, in particolare nella fase finale dove finalmente sembra di essere nuovamente davanti al Dead Space che abbiamo conosciuto ed amato con le due precedenti iterazioni. Il problema è che poteva e doveva essere così sin da subito, e per tutta la durata dell’avventura.

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ANCORA PIU’ ACTION

Come accennato nel paragrafo introduttivo, Electronic Arts puntava a rendere Dead Space 3 ancora più appetibile per il grande pubblico rispetto ai due capitoli precedenti, mettendo pertanto maggiore enfasi sulle componente Action rispetto a quelle Horror. Indubbiamente già Dead Space 2 seguiva una strada simile pur mantenendosi fedele allo stile del capostipite, ma con il terzo capitolo il passo avanti verso tale direzione si avverte in maniera più considerevole, ed il focus sull’azione è lampante sin dai primi momenti dell’avventura, dove per la prima volta in assoluto nella serie affrontiamo anche avversari umani nel più tipico dei TPS.
Un’introduzione che lascia un attimo interdetti, anche perché l’intelligenza artificiale che muove i nemici umani di Unitology non è nemmeno delle più brillanti e non lascia spazio a combattimenti avvincenti, ma basta comunque poco per ritrovarsi ad affrontare ancora una volta i cari, vecchi Necromorfi, presenti tra l’altro anche in nuove varianti che richiedono così nuovi approcci al combattimento.
In ogni caso le meccaniche di gioco sono rimaste sostanzialmente le medesime dei predecessori: Dead Space 3 è ancora un Action/Horror con visuale in terza persona, con Isaac che può difendersi dall’offensiva nemica non soltanto con le proprie armi da fuoco, ma anche con il potere della Stasi (che rallenta i nemici) e della Telecinesi (che permette di scagliare contro gli avversari oggetti contundenti di vario tipo). Il ritmo dei combattimenti appare comunque più frenetico e l’azione la fa da padrona in scena, lasciando meno spazio all’esplorazione ed ai momenti morti. Va detto che alla fine la componente Action dimostra di funzionare piuttosto bene: del resto Dead Space 3 si poggia sulle solide basi dei precedenti episodi e, di conseguenza, le sue meccaniche continuano a dimostrarsi efficienti.
Certo, l’orrore vero e proprio, le atmosfere claustrofobiche ed il senso di incertezza e smarrimento che caratterizzava gli altri Dead Space qui si avverte in misura decisamente minore, sebbene il gioco provi comunque a seguire una strada specifica per differenziarsi dal passato. Carina ad esempio l’idea di mettere a disposizione l’intero spazio sopra Tau Volantis liberamente esplorabile in una enorme fase a gravità zero (una delle poche del gioco, tra l’altro) che ci permette di svolazzare sopra il pianeta attraverso i relitti di Terra Nova. È qui che si viene inoltre introdotti ad un’altra novità del gioco, le Quest Secondarie, utili in particolare per trovare nuove risorse che possono darci una mano con il proseguo del nostro cammino. In verità le attività secondarie non risultano particolarmente brillanti o interessanti da svolgere, ed il rischio è dunque quello di lasciarle perdere molto presto per concentrarsi sulla sola storia principale.
In ogni caso l’accumulo di risorse risulta importante in particolare per sfruttare al meglio un’altra novità di Dead Space 3: il sistema di crafting. Questa volta la larga maggioranza delle armi (che godono adesso di munizioni universali) vanno fabbricate da sé presso le postazioni d’officina sparse lungo gli scenari: combinando tra loro diversi materiali recuperati è possibile creare manualmente (oppure automaticamente tramite i progetti sbloccati) le nostre armi, così da decidere liberamente quali equipaggiare e quali invece lasciare in disparte nella cassaforte. Cambia anche il metodo di potenziamento dei nostri equipaggiamenti: addio ai Nodi visti nei predecessori, spazio invece a dei Circuiti liberamente selezionabili a seconda di quanti ne abbiamo rinvenuti durante l’avventura, che vanno a modificare direttamente i singoli parametri di ciascuna arma rendendole più forti (o più deboli) a seconda dei potenziamenti inseriti. Il crafting non riguarda invece la Tuta indossata dal protagonista, che ne troverà di nuove raggiungendo postazioni avanzate: il potenziamento di energia vitale, stasi e telecinesi passa attraverso la Tuta, utilizzando le risorse accumulate per sbloccare le migliorie necessarie per rendere il protagonista ancora più abile e resistente.

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L’idea del crafting sulla carta è molto intrigante e lascia spazio alla sperimentazione, tuttavia a lungo andare ci si rende conto di come la maggior parte delle creazioni che è possibile fabbricare tendono a rassomigliarsi molto tra loro e, di conseguenza, ci si concentra solo sui progetti o sulle armi più efficaci già create, portandosele avanti per il resto della partita. Anche in questo caso dunque, proprio come le missioni secondarie, siamo davanti ad una gradita novità che tuttavia non funziona completamente come sperato.
Così come non convincono appieno i diversi enigmi che caratterizzano l’avventura, spesso poco creativi e che appaiono studiati appositamente per essere affrontati in cooperativa. Il multiplayer co-op è attivabile in qualunque momento, con il secondo giocatore che prendere il controllo di Carver, ed in questo modo l’anima Action della produzione emerge con ancora più potenza superando quella Horror. In ogni caso è bene precisare che non siamo davanti ad un caso in stile Resident Evil 5: giocando in solitaria, Isaac resta il solo personaggio presente su schermo, e non si dovrà dunque mai pensare ad un eventuale compagno da gestire.
Alti e bassi anche in termini di level design, sostanzialmente lineare pur lasciando ogni tanto spazio all’esplorazione ed a qualche scenario un po’ più ampio. La struttura dell’avventura non sempre convince appieno, e non mancano momenti più tediosi e poco stimolanti che si spera finiscano il più velocemente possibile (si pensi ad esempio alle fasi in cui si resta aggrappati nel vuoto tramite rampino), mentre invece altri momenti, come ad esempio le Boss Fight, si dimostrano di pregevole qualità e riescono a regalare grande intrattenimento ed anche un buon grado di sfida. Il gioco, a tal proposito, offre una difficoltà generale in linea con i suoi predecessori, sebbene l’orientamento maggiormente indirizzato verso l’azione fa in modo che cure e munizioni siano più facilmente rinvenibili durante la partita rispetto agli standard dei primi due Dead Space.
Del resto le orde di Necromorfi continuano a dare filo da torcere, grazie anche all’arrivo, come accennato, di qualche nuova tipologia di creature che, se sottovalutata, può dare davvero filo da torcere. Certo, le routine comportamentali della larga maggioranza dei nemici presenti sono rimaste le medesime, dunque chi è pratico della serie già sa bene come muoversi per contrastarle, ma se non altro contro i Necromorfi non si arriva mai alla mancanza di stimoli che invece provengono dalle battaglie contro gli umani: quest’ultime, seppur fortunatamente presenti in quantità minore, sono comunque ben poco soddisfacenti e non aggiungono nulla al gameplay.
È chiaro comunque che, seppur solido, Dead Space 3 viva di tanti alti e bassi anche sul fronte puramente ludico, non solo quello narrativo. Pur ripartendo dalle solide basi della serie, il terzo capitolo non fa molto per perfezionarsi ancora di più ed andare oltre, dimostrando in verità meno coraggio rispetto ai suoi illustri predecessori. In termini di longevità la Campagna sarebbe anche più duratura, arrivando anche alla quindicina di ore senza contare la presenza delle varie secondarie; tuttavia, la qualità di quelle ore non è sempre costante, alternando continuamente momenti coinvolgenti e ben strutturati ad altri invece più tediosi, soporiferi e trascinati un po’ troppo per le lunghe (sensazione evidente soprattutto negli ultimi capitoli dell’avventura, che sembrano voler andare avanti senza mai giungere al punto). Ed una volta giunti ai titoli di coda non c’è chissà quanto spazio per la rigiocabilità, cooperativa a parte.
Il problema di Dead Space 3 è sostanzialmente questo: non essere costante nei suoi contenuti e nella loro qualità, non concentrandosi a dovere su uno specifico focus per provare a fare più cose assieme senza però arrivare al punto. Non c’è, in poche parole, l’armonia e la costanza vista nei primi due Dead Space, con Visceral Games che, nel tentativo di accontentare un po’ ogni tipo di pubblico e le richieste di EA, si perde in alcune occasioni in un bicchier d’acqua senza centrare l’obiettivo.

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I MISTERI E GLI ORRORI DI TAU VOLANTIS

Di fronte alle incertezze ludiche, narrative e di atmosfera, qualcosa di sicuro c’è: in termini audiovisivi Dead Space 3 resta di alto livello.
Graficamente l’opera EA si dimostra molto curata e dettagliata, con un plauso soprattutto agli effetti di ombre ed illuminazione oltre ad effetti speciali, mentre i modelli poligonali dei personaggi spiccano in maniera ancora più convincente in termini di espressività, ora più credibile rispetto al passato. Restano invece sostanzialmente invariate le animazioni, riprese quasi interamente dai due capitoli precedenti ad eccezione ovviamente dei nuovi nemici pensati appositamente per questo terzo atto della serie.
Gli scenari messi a punto da Visceral Games traggono giovamento dall’ottimo comparto tecnico generale, e non mancano alcuni scorci e paesaggi capaci di togliere il fiato per la loro evocativa bellezza e per l’impegno profuso in ogni particolare: volare nello spazio aperto tra i relitti di Terra Nova nei cieli di Tau Volantis, così come alcuni panorami stessi del pianeta, trasmette sensazioni di forte impatto, regalando immagini difficilmente dimenticabili.
Ciò detto, Tau Volantis non riesce a rivelarsi altrettanto memorabile come l’Ishimura del primo episodio o lo Sprawl del secondo. Le sue distese innevate e persino le sue realtà aliene appaiono meno caratteristiche rispetto a quanto i precedenti giochi della serie sono riusciti a mostrare, non creando in questa maniera nuove ambientazioni destinate a divenire iconiche nel genere Horror.
Per quanto riguarda invece l’accompagnamento sonoro, la nuova direzione delle musiche è studiata appositamente per mettere in risalto l’impronta molto più Action di questo terzo episodio: brani dai ritmi più intensi e movimenti fanno spesso capolino durante i combattimenti ed i momenti salienti dell’avventura, sebbene comunque rimanga ancora i sottofondo più inquietanti ed oscuri che hanno fatto la fortuna dei predecessori. Nel suo insieme, comunque, la colonna sonora svolge adeguatamente il suo compito, sorretta da un pregevole doppiaggio sia in lingua inglese che italiana che dona maggior caratterizzazione a tutti i personaggi dell’avventura.

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UNA CHIUSURA DELUDENTE

Chiudere una trilogia simbolica della Generazione HD era un compito importante e sicuramente non semplice, e purtroppo Visceral Games non è riuscita a centrare appieno l’obiettivo. Nonostante indubbie qualità, Dead Space 3 non riesce a rivelarsi all’altezza della sua serie di appartenenza, mostrando troppe incertezze un po’ in tutti gli ambiti e, di conseguenza, non spiccando il volo verso quel livello d’eccellenza in cui i suoi predecessori sono riusciti ad arrivare.
In parte sicuramente hanno influito le strategie di Electronic Arts, desiderosa di immettere sul mercato un prodotto che fosse molto più appetibile per le masse rispetto ai predecessori, spingendo dunque su un approccio ancora più Action rispetto al passato e mettendo da parte (pur senza comunque sacrificarla del tutto) l’essenza Survival Horror della serie. Una mossa che in verità non sarebbe per forza negativa, non solo perché comunque la serie ha sempre puntato sull’azione sin dalle origini (ed in maniera già più concreta con il comunque memorabile Dead Space 2), ma anche perché questo tipo di direzione può comunque far uscire fuori dal cilindro un prodotto ugualmente di tutto rispetto.
Ma alcune scelte degli autori hanno finito comunque con il compromettere l’essenza della serie, sia sul piano ludico che su quello di narrativa ed atmosfere. In termini di storia, per buona parte dell’avventura Dead Space 3 paga caro il focus su un “triangolo amoroso” gestito in maniera fin troppo adolescenziale che non solo è completamente fuori luogo in un gioco come Dead Space, ma finisce anche con l’ammazzarne l’atmosfera horror che dovrebbe essere alla base del gioco. Perché assistere a continue scaramucce, battutine e provocazioni da scuola media quando invece il focus dovrebbe essere sul porre per sempre fine alla minaccia dei Marchi e dei Necromorfi, rende molto più complicato prendere sul serio ciò che avviene su schermo. Verso le fasi più avanzate la narrativa torna sui giusti binari portando a fondamentali rivelazioni ed un finale di grande impatto, ma la sensazione è che in tal senso si poteva fare molto di più.
Anche le atmosfere risultano essere meno coinvolgenti, complice non solo il minor focus sull’horror ma anche per la caratterizzazione degli scenari che non riesce a bucare lo schermo come in passato. Tau Volantis non ha lo stesso fascino dell’Ishimura o dello Sprawl, sebbene muoversi liberamente sopra il pianeta attraverso i relitti di Terra Nova ha senza alcun dubbio il suo incredibile fascino. L’ottima resa grafica generale senza dubbio aiuta a rendere quantomeno bello da vedere tutto il gioco, però la sensazione di coinvolgimento ed immersione tipica della serie stavolta si avverte con meno mordente.
È lato gameplay dove il titolo Visceral riesce a dare il suo meglio, sebbene anche in questo caso non è tutto rose e fiori. Pur mantenendosi fedele alle meccaniche della serie senza grossi stravolgimenti, l’introduzione del crafting così come delle missioni secondarie sono aggiunte interessante volte a dare maggior pepe alla giocabilità. A lungo andare, tuttavia, queste nuove feature non si dimostrano forti a sufficienza da reggere per l’intera avventura, e nel frattempo i combattimenti a fuoco contro altri esseri umani non raggiungono mai le vette di adrenalina e coinvolgimento come gli scontri con i Necromorfi. Se non altro il rinnovato sistema di potenziamento lascia molta più libertà di personalizzazione al giocatore, mentre le Boss Fight si rivelano intriganti quanto basta per rivelarsi degne di nota. È indubbio che, in termini di pura giocabilità, Dead Space 3 continui a funzionare risultando anche più frenetico per via del maggior focus sulla componente Action, tuttavia la sensazione è che questo terzo capitolo non sia riuscito a compiere il balzo in avanti sperato che potesse perfezionare ancora di più la già efficace formula ludica della serie.
Ciò che resta nelle mani del giocatore è una conclusione della trilogia che sa intrattenere ma senza riuscire a stupire, longeva il giusto ma destinata ad essere messa da parte una volta visti i titoli di coda. Le tante incertezze ed il volerlo rendere più appetibile per il grande pubblico hanno finito con il compromettere in parte l’essenza della grande serie EA, che con Dead Space 3 non riesce a trovare la sua degna chiusura e finisce con lo sparire dai radar per tanto, troppo tempo, come se nulla fosse mai accaduto.

VOTO FINALE : 7

 
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