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Final Fantasy XVI, Recensione di ChrisMuccio

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view post Posted on 6/8/2023, 09:48
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FINAL FANTASY XVI




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CASA: SQUARE ENIX
SVILUPPATORE: SQUARE ENIX CREATIVE BUSINESS UNIT III
GENERE: ACTION/RPG
GIOCATORI: 1



LA SEDICESIMA FANTASIA FINALE

Una Fantasia Finale che va avanti da oltre 35 anni, e che non ha intenzione di fermarsi. 35 anni di storie, di emozioni, di passione e coinvolgimento, che hanno scritto autentiche pagine di storia videoludica così come lasciato anche un forte amaro in bocca quando quella magia che da sempre caratterizza l’opera magna di Square Enix si è presentata affievolita agli occhi degli appassionati.
Ma non importa quanto imponenti siano i suoi alti o quanto deprimenti siano i suoi bassi: ogni volta che un nuovo Final Fantasy viene annunciato, è impossibile che passi inosservato. Che sia un capitolo principale, un remake o uno spin-off, Final Fantasy è così potente da catalizzare l’attenzione di ogni videogiocatore, curioso di scoprire cosa stavolta vorrà raccontarci quella Fantasia Finale che si arricchisce continuamente di nuove storie volte ad espanderne il mito.
Ed è così che è andato, in quel settembre del 2020, quando il PlayStation Showcase di allora si aprì letteralmente con il botto, annunciando al mondo l’esistenza di Final Fantasy XVI. Ed è bastato già solo il primo trailer per restare a bocca aperta: il ritorno ad un setting fantasy-medievale, i Cristalli nuovamente al centro dell’attenzione, le evocazioni ora Eikon più possenti che mai ed un taglio cinematografico ancora più marcato rispetto al passato. Ma soprattutto, un gameplay che già da quel reveal trailer sembrava voler virare con ancora più convinzione verso l’azione pura, proseguendo un percorso già da tempo portato avanti da Square Enix nel tentativo di rendere il brand sempre più appetibile e popolare tra le masse, ancora più di quanto già non fosse prima.
Basta però l’annuncio del sedicesimo episodio principale, in esclusiva console PlayStation 5, a far schizzare alle stelle le aspettative ed anche le preoccupazioni, quelle di chi teme che la sua serie del cuore si allontani ancora di più da tutto ciò che l’ha resa così amata. Ma dietro lo sviluppo non c’è certo un team di sprovveduti: il Creative Business Unit III guidato da Naoki Yoshida è quello che, molti anni prima, ha fatto letteralmente rinascere Final Fantasy XIV rendendolo uno dei MMORPG più popolari di sempre, che prosegue ancora forte e con convinzione nonostante il tempo che scorre inesorabile. Con un team che sa il fatto suo viene lecito dare fiducia a Final Fantasy XVI, anche da parte di coloro che non sono mai guariti dalle scottature del controverso Final Fantasy XV del 2016, o dalla trilogia di Final Fantasy XIII che non è riuscita a lasciare il segno che avrebbe potuto e dovuto imprimere con il suo passaggio.
Passa il tempo e lo sviluppo di Final Fantasy XVI procede regolarmente. Ogni nuova informazione, nuovo approfondimento e nuovo trailer riescono a catalizzare in maniera ancora più forte le attenzioni di critica e pubblico sul prossimo kolossal di Square Enix, che punterà più forte che mai sulla narrativa e sull’azione nonostante la promessa che l’ossatura RPG sarebbe stata ben presente. E dopo una demo di circa due ore che ha permesso a chiunque di giocare gratuitamente il prologo, il momento della verità arriva il 22 giugno del 2023, giorno in cui Final Fantasy XVI sbarca finalmente su PS5.
Ancora una volta, la Fantasia Finale è qui a raccontare la sua storia. Una storia imperfetta, con alcune notevoli mancanze, ma che nonostante tutto riesce ancora una volta a scaldare il cuore, forse in una maniera così sincera, forte e genuina che sembrava aver dimenticato oltre vent’anni fa.

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VALISTHEA, TERRA DI EIKON

***ATTENZIONE: PRESENZA DI ALCUNI SPOILER PER DARE CONTESTO ALL'ARTICOLO***

Final Fantasy XVI è ambientato nel mondo di Valisthea, un immenso continente diviso in due metà, Cinerea e Ciclonia, nelle quali trovano dimora i Cristalli Madre, imponenti cristalli magici che forniscono al mondo l’Etere del quale la popolazione si serve per portare avanti la propria esistenza. I cristalli più piccoli e di uso comune che derivano dall’Etere permettono alle persone di sfruttare la magia a proprio vantaggio, ma esistono anche individui, noti come Portatori, che sono in grado di sfruttare i poteri magici senza fare ricorso a questi preziosi oggetti: per questa caratteristica, i Portatori vengono visti con odio e disprezzo, venendo relegati a lavori di servitù ed ai margini della società. Come se non bastasse, nonostante la capacità di sfruttare liberamente la magia senza alcun tipo di strumento esterno, l’utilizzo prolungato i questi incantesimi mette a serio rischio la vita dei Portatori, che un poco alla volta vedono prosciugata la loro essenza vitale andando incontro ad una atroce morte per pietrificazione.
Ma a Valisthea esistono anche degli individui speciali, i Dominanti, così chiamati in quanto capaci di controllare le più potenti creature del mondo: gli Eikon, sette diversi tipi per ogni elemento naturale esistente.
Per lungo tempo tra i regni di Valisthea è regnata la pace, fino a quando il mondo non viene colpito da un male distruttivo, la Piaga, che con la sua avanzata prosciuga le terre dall’Etere ponendo fine alla magia ed alla vita stessa. Proprio il continuo incedere della Piaga porta instabilità politica tra i regni, pronti a combattersi tra loro pur di ottenere nuovi territori e sfuggire così al distruttivo male prima che prenda il sopravvento sempre di più su ogni territorio. È qui che entrano in gioco gli Eikon ed i loro Dominanti, in quanto il loro potere ha un peso cruciale sull’evoluzione politica e militare di ogni regno che andrà a rimescolare per sempre gli equilibri di Valisthea.
Quando ha inizio la storia di Clive Rosfield, primogenito della Famiglia Reale del Gran Ducato di Rosaria, il suo regno è proprio vicino ad una nuova guerra. Il giovanissimo ragazzo si addestra nell’arte del combattimento e già all’età di 15 anni dimostra di avere le qualità di un vero leader pronto a guidare il suo esercito in battaglia. Questo perché, nonostante il sangue reale che scorre nelle sue vene, Clive non è nato come Dominante della Fenice, l’Eikon del Fuoco: questo onore è spettato a suo fratello minore Joshua Rosfield, designato dunque a divenire un domani il nuovo sovrano di Rosaria. Ma il legame che lega Clive a Joshua è fortissimo, apparentemente impossibile da scalfire: il giovane ha promesso di proteggere e difendere l’amato fratellino come suo Scudo, ed assieme a lui vive un’esistenza serena assieme alla migliore amica Jill Warrick ed al cucciolo di lupo Torgal, amando ed ammirando il padre, l’Arciduca Elwin Rosfield, e vivendo un rapporto conflittuale con la madre Anabella, che disprezza il figlio maggiore per non essere nato Dominante.
Ma l’esistenza di Clive è destinata ad essere sconvolta per sempre dagli eventi di Porta Fenice, quando un secondo Eikon del Fuoco, Ifrit, si manifesta dopo un drammatico tradimento che metterà in ginocchio il Gran Ducato di Rosaria. Clive perde tutto ciò a lui più chiaro, venendo schiavizzato e costretto a combattere come un soldato al servizio del Sacro Impero di Sanbreque per i successivi 13 anni.
Ma il destino aveva altri piani per Rosfield: in una missione segreta durante una battaglia tra la Repubblica Dhalmekiana (dotata del Dominante di Titano) e il Regno di Ferro (che ha dalla sua parte la Dominante di Shiva) con lo scopo di assassinare la donna benedetta da Shiva, Clive scopre che il bersaglio è la sua amica di lunga data Jill, creduta scomparsa tanti anni prima. Non potendo uccidere la compagna ritrovata pur trattandosi dell’obiettivo della missione, Clive si ribella ai suoi compagni per proteggere Jill.
Quando la situazione sembra precipitare, arriva un misterioso salvatore, Cidolfus “Cid” Telamon, Dominante di Ramuh nonché leader di un gruppo di ribelli che protegge i Portatori. Grazie anche all’aiuto di un Torgal ormai adulto e potente segugio, che si riunisce infine al suo padrone originale, Cid scorta i due al suo rifugio segreto, rivelando a Clive il suo scopo: liberare i Portatori da ogni schiavitù distruggendo tutti i Cristalli Madre di Valisthea e facendo così scomparire la magia e, forse, la Piaga. Ma Clive porta avanti da 13 anni uno scopo cruciale che lo ha tenuto in vita: trovare l’assassino di suo fratello Joshua, perito per mano del Dominante di Ifrit. Ha così inizio una nuova vita ed un lungo viaggio per Clive Rosfield ed i suoi nuovi alleati che lo porterà a scoprire verità sconvolgenti che cambieranno radicalmente la sua visione del mondo e della sua stessa esistenza. E quando ogni certezza viene del tutto spazzata via, arriverà il momento di combattere per un mondo intero da salvare, dalle grinfie di un nemico impossibile da immaginare.

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Uno dei motivi principali per cui Final Fantasy è divenuta una delle serie più memorabili dell’industria videoludica risiede proprio nelle sue storie e nella caratterizzazione dei personaggi. Classici senza tempo come Final Fantasy VI, Final Fantasy VII o Final Fantasy X, ma volendo anche molti altri episodi della serie, non sarebbero mai diventati tali senza una storia appassionante e protagonisti capaci di restare impressi nel cuore e nella mente. Con il passare del tempo, però, anche questo aspetto un tempo fondamentale nella serie Square Enix si è indebolito faticando a riproporre gli apici del passato: ciò è stato evidente soprattutto con Final Fantasy XV, che proprio nella storia inconsistente ed incompleta ha visto uno dei suoi aspetti più negativi.
Forse perché consapevole dei problemi avuti nel recente passato la compagnia nipponica ha provato a muoversi ben diversamente rispetto a quanto fatto con il controverso predecessore, puntando in maniera ancora più forte e massiccia sulla narrativa. Final Fantasy XVI è un prodotto dal taglio cinematografico forte, forse così tanto forte da superare quanto fatto con tutti gli altri giochi della serie, e ciò è evidente già dal prologo, che getta tutte le basi su cui poi la storia si evolverà nelle ore successive.
Ora, è bene dire che la trama di Final Fantasy XVI non ha nessuna pretesa di stravolgere, innovare o allontanarsi chissà quanto da schemi ben definiti del fantasy-medievale gettando nel calderone un po’ di tutto, dagli intrighi politici ed i tradimenti che richiamano alla mente Game Of Thrones fino alla più classica tematica del mondo da salvare tipico proprio di Final Fantasy stesso.
Eppure, molto spesso non è così fondamentale “cosa” si racconta, quanto piuttosto “come” lo si racconta. Ed in tal senso, Final Fantasy XVI dimostra di avere proprio nella sua narrativa uno dei suoi punti forti più cruciali in assoluto. Perché la narrativa presa nel suo complesso si rivela essere una delle migliori mai proposte dal brand da almeno un paio di decenni a questa parte, capace di essere messa al fianco dei capitoli migliori del passato senza sfigurare ma, anzi, facendo bella figura.
Una continua evoluzione degli eventi, con una storia stessa che si rinnova continuamente tra un atto e l’altro rendendo sempre più importante il cammino di Clive e dei suoi compagni, tiene incollati allo schermo ad ogni nuovo sviluppo, ad ogni colpo di scena e ad ogni filmato che approfondisce sempre di più il background di Valisthea, dei suoi regni e l’evoluzione di ogni singolo evento. C’è tutto: epicità, drammaticità, malinconia, momenti toccanti, tutto mescolato in un concentrato d’emozioni che lascia il segno proprio come i migliori Final Fantasy sono riusciti a fare.
Il merito di questo risultato è dovuto soprattutto ad un cast di personaggi indimenticabile come non si vedeva da tempo immemore in un episodio della serie. Tutti, dai protagonisti principali ai comprimari, passando per gli antagonisti, hanno una propria specifica caratterizzazione ed evoluzione che non risulta mai banale o scontata, nemmeno in quei personaggi sulla carta più stereotipati che dimostrano comunque di incastrarsi alla perfezione nell’intreccio narrativo messo a punto dagli sceneggiatori. L’evolversi degli eventi influisce su ciascuno di loro, ha degli effetti tangibili e concreti che vengono tenuti in conto e cambiano per sempre la mentalità e la prospettiva di coloro che ne vengono coinvolti. Per essere ancora più chiari, non ci saranno più situazioni in stile Final Fantasy XV dove Noctis prosegue tra avventure e picnic con i suoi compagni di viaggio come se nulla fosse accaduto dopo la caduta del padre e del suo regno: qui ogni spunto narrativo ha un senso ed un contesto, ed ha un peso sul proseguo della narrativa. Poi certo, il ritmo magari non è sempre sostenuto alla stessa maniera per l’intera durata della storia, e ci sono momenti più appassionanti rispetto ad altri (in particolare nel primo atto della storia, forse il più sentito e coinvolgente, senza nulla togliere al proseguo), ma quanto messo in piedi da Square Enix stavolta fila liscio come l’olio e riesce davvero a lasciare qualcosa ben impresso nel cuore del giocatore.
Ma il plauso più grande va al protagonista, Clive, uno dei meglio caratterizzati dell’intera serie principale e capace di trasmettere davvero una sensazione di carisma naturale. Il suo continuo sviluppo nel corso di tutta la storia è encomiabile e gestito con intelligenza, senza forzature o incoerenze, quanto basta per renderlo un personaggio semplicemente indimenticabile. Ed è vero, con la storia che ruota sostanzialmente attorno la figura di Clive è lui a spiccare in maniera marcata su tutti gli altri, ma il cast di supporto che lo circonda sa difendersi alla grande: dalla figura di Cid Telamon che conquista il pubblico già solo dalla prima comparsa, a Jill Warrick alla quale ci si affeziona velocemente, senza poi dimenticare alcuni antagonisti più articolati di quanto possa sembrare all’apparenza come Benedikta Harman, Hugo Kupka e persino Barnabas Tharmr, forse il più stereotipato di tutti ma il cui ruolo è perfettamente funzionale al racconto. Ma soprattutto è difficile dimenticare lo splendido rapporto che si crea tra Clive e suo fratello Joshua, che getta le basi che danno il via agli eventi, ed anche il fedele Torgal sa ritagliarsi i suoi spazi regalando alcuni momenti di forte impatto. E per quanto possano magari essere inconsistenti sul fronte puramente ludico, persino diverse missioni secondarie sanno regalare alcuni grandi momenti narrativi, dando ancora più caratterizzazione e profondità ad ogni personaggio ed alle loro storie personali.
Final Fantasy XVI è realmente un grande Final Fantasy in termini di storia e personaggi, bello come non si vedeva da troppi anni, e già solo questo aspetto è una potente riconquista per Square Enix.

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TROVARE UN’IDENTITA’

Bastano davvero pochi minuti per accorgersene: l’anima ludica di Final Fantasy XVI è decisamente atipica per un gioco della leggendarie serie Square Enix, e proprio per questo è inevitabile che possa creare grosse spaccature all’interno della fanbase. La componente RPG viene infatti ridotta all’osso, lasciando che sia la pura azione la vera protagonista: ciò crea inevitabilmente delle controversie essendo davanti alla serie JRPG più famosa del mondo, ma è anche vero che ogni Final Fantasy è praticamente un progetto a sé che segue una propria strada ben precisa, non solo in termini di storia e mondo di gioco, ma anche sul lato strettamente videoludico. Pertanto andiamo con ordine ed esaminiamo ogni dettaglio della sostanza di Final Fantasy XVI, che superata la superficie ha davvero tanto, tantissimo da dire.
Anzitutto, il sedicesimo capitolo è un progetto a lenta cottura, che parte letteralmente da zero per poi intensificarsi sempre di più con il passare delle ore. Ecco quindi un inizio che, in termini di gameplay, parte davvero lentamente: come è giusto che sia, Clive non ha ancora a disposizione il pieno del suo moveset e dei suoi poteri, e le primissime ore di gioco servono più che altro a prendere familiarità con le meccaniche di base ed il sistema di combattimento, molto vicini ad un Action Stylish (del resto il Combat Director è un certo Ryota Suzuki, la mente dietro il combat system di Devil May Cry 4 e 5) e decisamente meno inclini al gioco di ruolo. Poche mosse, abilità e combo a disposizione, comportano un procedimento all’apparenza monotasto: si va avanti premendo costantemente il tasto Quadrato ed ogni tanto quello della schivata, ma sostanzialmente il poco a disposizione nelle fasi iniziali e la generale debolezza dei primi nemici non lasciano spazio a molto altro.
Ma questo tuttavia è semplicemente l’inizio, e Final Fantasy XVI sta gettando le basi del suo combat system destinato ad aprirsi sempre di più un poco alla volta. L’arrivo di nuove abilità, il potenziamento delle stesse e lo sblocco di poteri avanzati permettono al gameplay di esprimere un poco alla volta sempre di più il suo potenziale e, per quanto non siamo magari ai livelli dei più grandi e puri Stylish Action in circolazione, Final Fantasy XVI si difende decisamente bene in tal senso: il sistema di combattimento è veloce, frenetico al punto giusto e non lascia alcuno spazio ai tempi morti, permettendo così di dare vita a battaglie che sanno come rivelarsi godibili e coinvolgenti una volta che si padroneggia ogni singolo attacco a disposizione imparando a sfruttarli con intelligenza per massimizzare danni ed efficacia delle singole tecniche.

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Volendo puntare tutto sull’azione e non sulla componente ruolistica, in Final Fantasy XVI sarà possibile controllare il solo Clive e nessun altro, nonostante nel corso dell’avventura ci siano più compagni di viaggio ad affiancarci durane gli scontri. Uno di questi in verità è il nostro più fidato compagno per la larghissima maggioranza della storia: trattasi di un Torgal ormai cresciuto, al quale è possibile impartire alcuni comandi durante i combattimenti. Le azioni del nostro fidato compagno a quattro zampe sono in verità molto limitate: può mordere e curarci sensibilmente le ferite, oltre ad effettuare un assalto che, nel caso dei nemici di piccole dimensioni, permette di lanciarli in aria ed eventualmente concatenare combo. Ecco quindi che, al netto delle limitate possibilità, sfruttare Torgal con attenzione in battaglia può dare i suoi vantaggi e rendere anche più spettacolari alcune sequenze, permettendoci così di annientare i nemici con ancora più efficacia. Gli altri compagni, invece, sono interamente mossi dall’I.A., ma non se ne restano certo impalati ed anzi combattono attivamente indebolendo gli avversari a loro volta.
E’ comunque un po’ un peccato il non poter controllare almeno qualcuno di questi alleati: le loro differenze in termini di mosse ed abilità avrebbe potuto dare un pizzico di varietà in più agli scontri. Un altro aspetto che toglie qualcos’altro al combat system è la mancanza di concretezza ai poteri elementali: le magie ci sono, ma sono fondamentalmente un contorno che non fa grossa differenza anche perché non esistono nemici forti o deboli a determinati incantesimi, togliendo dunque un tocco di profondità in più che avrebbe potuto rendere le battaglie più dinamiche e con un pizzico di tattica. Per fare un esempio pratico: affrontare un Pyros (creatura storica di Final Fantasy solitamente dai poteri di fuoco) attaccando con colpi e magie di fuoco non avrà alcun peso: il nemico subisce danni e muore anche subendo il suo stesso elemento naturale, cosa che sarebbe stata impensabile nei vecchi giochi della serie. È da questi dettagli che si nota come, appunto, l’anima di Final Fantasy XVI risieda tutta nell’azione e, per renderla quanto più fluida, precisa e spettacolare possibile, si è deciso di sacrificare questi elementi di coerenza che potrebbero inevitabile far alzare un sopracciglio ai puristi.
A fare da contraltare però ci pensa la principale caratteristica del combat system: i poteri degli Eikon. Un poco alla volta Clive otterrà accesso alle abilità di tutti gli Eikon di Valisthea, permettendogli così di avere accesso ad una moltitudine di attacchi speciali differenti che possono essere a loro volta potenziati e che daranno così molta più varietà al gameplay. Oltre a differire per poteri elementali, ciascun Eikon ha proprie caratteristiche specifiche, sia di attacco diretto che di manovre evasive, che danno molta più profondità al sistema di combattimento una volta imparato a sfruttarle al meglio. Ad esempio, la Fenice consente di proiettarsi in un istante verso il nemico mentre Garuda ci permette di attirarli a noi o di farli vacillare una volta storditi; ancora, Titano dà accesso a manovre difensive e di parry estremamente efficaci una volta padroneggiate, mentre Shiva ci permette di schivare lateralmente con molta più efficacia congelando nel mentre gli avversari vicini. E così via con ciascun Eikon, che mettono a disposizione tre diversi attacchi speciali (se ne possono però equipaggiare solo due alla volta per ciascuna creatura) da utilizzare in battaglia, magari in combinazione con i nostri attacchi standard, per scatenare appieno la potenza di Clive e mettere in seria difficoltà qualunque nemico o Boss. In aggiunta, è possibile equipaggiare un massimo tre set di Eikon intercambiabili ogni volta che lo si desidera tramite la pressione dei tasti laterali; quando non si è in battaglia si possono inoltre sostituire gli Eikon equipaggiati con gli altri a nostra disposizione, così da variare il nostro parco mosse e sperimentare così ogni abilità per trovare le più consone per il nostro stile di gioco.
Ma i poteri degli Eikon raggiungono la loro massima espressione una volta che Clive avrà definitivamente padroneggiato ciascuna loro abilità: una volta “sbloccati” i singoli attacchi sarà addirittura possibile equipaggiare ad un Eikon i poteri di un’altra creatura ancora (per fare un esempio, si può assegnare a Titano un’abilità di Shiva e della Fenice) e dare così vita alle combinazioni più diverse immaginabili. È in questo momento che il combat system di Final Fantasy XVI riesce davvero ad esprimere il suo massimo potenziale, dimostrandosi in verità molto più profondo ed articolato di quanto non sembri in superficie durante le prime fasi di gioco.
Il tutto senza dimenticare che è possibile richiamare in battaglia i poter di Ifrit una volta sbloccati, che attivano una sorta di “Devil Trigger” in stile Devil May Cry che non solo potenzia tutti gli attacchi di Clive, ma gli permette anche di recuperare energie vitali nel mentre. Trattandosi di un potere limitato e che si potrà riattivare soltanto dopo che l’apposito indicatore si sarà nuovamente riempito, questo potere va usato al momento opportuno: così facendo gli scontri godono di un ulteriore tocco di varietà in più che si somma a tutte le altre caratteristiche del sistema di combattimento, che migliora sempre di più con il passare del tempo.
Vero, ci vorranno comunque diverse ore prima di riuscire a raggiungere questo pieno potenziale, ma il viaggio vale la candela e sa dare grandi soddisfazioni, soprattutto negli scontri con i numerosi nemici che si incontreranno durante le nostre peregrinazioni attraverso Valisthea.
Il bestiario standard a dire la verità non è estremamente variegato ed a lungo andare, soprattutto verso le ultime fasi, capiterà di affrontare più volte le stesse creature. Al tempo stesso non è nemmeno troppo limitato e si incontreranno con regolarità nuove creature da affrontare in battaglia, sempre più forti ed aggressive.
Il vero fiore all’occhiello sono però le Boss Fight, uno degli aspetti più riusciti dell’intero gioco. Oltre ad essere assai numerose, ciascun Boss gode di una propria caratterizzazione e di uno specifico moveset da studiare con attenzione per comprendere come contrastarlo con efficacia: ciò che ne consegue, sia con i Boss standard che con quelli principali della storia, sono scontri dall’elevato tasso di spettacolarità e coinvolgimento in cui delle volte sarà necessario dare sfoggio di tutte le nostre più importanti abilità, cercando di farli vacillare ed avere così un’apertura efficace per infliggere ingenti danni prima che riprendano i sensi.
L’apice lo si raggiunge però nelle Lotte tra Eikon, le Boss Fight più importanti del gioco che toccano vette di epicità come pochissime volte si è visto in un Final Fantasy. La prima, quella del prologo, è invero piuttosto introduttiva e limitata, ma i combattimenti successivi non solo offrono maggiori possibilità di approccio verso il nemico, ma risultano talmente coinvolgenti ed evocative da suscitare più volte brividi lungo la schiena, grazie anche alla complessa messa in scena ideata dai ragazzi di Square Enix che hanno saputo rendere davvero speciali queste specifiche battaglie. Forse talvolta si punta sulla spettacolarizzazione più spinta, questo è vero, ma le Lotte tra Eikon sono un mix intrigante di gameplay e taglio cinematografico che sa colpire duro sia per la forma che per la sostanza.

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E fin qui praticamente ci sarebbe poco da dire: il gameplay dei combattimenti ha magari qualche sbavatura ma dimostra di funzionare in maniera assolutamente egregia, meritevole di elogi multipli. Ma a frenare questa magnificenza arriva un problema non di poco conto che non va ignorato: Final Fantasy XVI è un gioco sostanzialmente facile, forse pure troppo.
Per la larga maggioranza dell’avventura non si avvertirà mai un reale senso di pericolo o minaccia, con Clive che riesce a sbaragliare facilmente i suoi avversari, anche i più temibili, grazie anche alle multiple risorse curative di cui dispone (da acquistare nei negozi ma spesso rinvenibili più volte attraverso i dungeon). La mancanza di un reale senso di sfida, che si avverte soltanto nelle ultime fasi di gioco con gli ultimi Boss della storia, inevitabilmente toglie qualcosa ad un gioco che avrebbe altrimenti tutte le carte in regola per rivelarsi un grande Action a tutto tondo. Di base lo sarebbe pure, ma non riesce ad esprimere completamente questa sensazione di grandezza per vita della mancanza di coraggio da parte di Square Enix nel voler dare un senso di sfida concreto all’opera.
Ed il livello di difficoltà tarato molto verso il basso influisce in maniera diretta anche sulla progressione del personaggio e, soprattutto, sulla componente RPG, la questione più delicata dell’intera produzione. Inutile far finta di nulla: il lato RPG in Final Fantasy XVI è appena abbozzato, messo volutamente in disparte per concentrarsi tutto sul lato Action. Ecco quindi che la consueta parametria non ha un reale peso sullo sviluppo di Clive, e salire di livello non comporta chissà quale reale efficacia avvenendo in maniera sostanzialmente lineare. Persino la personalizzazione del nostro eroe è in fondo davvero limitata: nuove armi ed accessori sempre più forti si sbloccano in maniera quasi automatica avanzando nel gioco, il crafting è ridotto al lumicino e sostanzialmente non c’è nulla della complessità tipica di un RPG. A cosa serve accumulare risorse in quantità se poi alla fine ci ritroveremo sempre ad assegnare al nostro personaggio la nuova arma o accessorio che aumenta (spesso di poco) attacco e difesa? Poi certo, alcune armi segrete davvero potenti richiedono molto tempo e ricerca per essere fabbricate, tuttavia si tratta di eccezioni ben lontane da quello che ci si aspetterebbe in un gioco di ruolo.
Appare chiaro come Square Enix volesse creare un Action puro, il suo obiettivo con Final Fantasy XVI, ma non ha voluto recidere completamente la sua origine RPG per non scontentare i fan di lunga data. Il fatto però è che questi fan restano ugualmente con l’amaro in bocca, laddove invece si sarebbe potuto insistere con ancora più devota convinzione verso la strada Action rendendo il gioco ancora più mastodontico e concreto: ciò che c’è del lato Action funziona, e pure alla grande sul lungo termine, c’è un potenziale notevole che aspetta di essere espresso al massimo delle sue capacità. Ma per quanto grande, la sensazione è che poteva essere ancora più grande se si fosse deciso di puntarci per davvero al 100%, magari dando a Clive pure armi diverse dalla tipica spada e variando così ancora di più il combat system.
Un peccato, perché quanto si vede qui è di pregevole qualità, ma lo poteva essere ancora di più recidendo quei legami con l’RPG che, al contrario, sono ridotti al minimo indispensabile e non riescono davvero a valorizzare ulteriormente la produzione.

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IL CORAGGIO DI (NON) OSARE

Se dunque il sistema di combattimento ha le sue tante luci brillanti, ma anche alcune ombre piuttosto oscure, che dire dell’altro lato della medaglia ludica fatta di esplorazione e struttura dell’avventura? Anche qui siamo davanti ad una situazione molto simile, con aspetti davvero riusciti ed altri che invece lasciano a desiderare.
L’esplorazione rientra sfortunatamente nella seconda categoria, presentandosi come l’aspetto forse più debole di tutta la produzione. Prima di tutto, Final Fantasy XVI è un gioco dalla struttura molto lineare, in particolare per quanto riguarda i dungeon: siamo infatti davanti ad una sequenza più o meno lunga di corridoi senza particolari bivi da seguire, si va dritti per la propria strada facendo strage dei nemici che si incontrano lungo il cammino. E fin qui, a voler essere davvero onesti, non ci sarebbe un problema concreto: i “dungeon” sono pensati per dare priorità ai combattimenti, e sulla carta va bene così visto quanto raccontato nel lungo paragrafo precedente di questa recensione. L’efficacia dei combattimenti (al netto del grado di sfida basso) comporta il vantaggio di non ritrovarsi davanti ad una linearità morta e fastidiosa come quella ad esempio di Final Fantasy XIII, rendendola invece più vicina ad un Final Fantasy X, a sua volta strutturato in maniera generalmente lineare ma così curato sul fronte del sistema di combattimento a turni da non far minimamente pesare questa struttura del level design.
E qui tra l’altro si parla sostanzialmente dei dungeon, perché l’esplorazione del mondo di gioco vero e proprio in verità offrirebbe scenari decisamente più ampi ed articolati che gridano “esplorazione” a squarciagola. Final Fantasy XVI non è un open world come Final Fantasy XV e segue comunque la struttura più lineare alla sua base, tuttavia ci sono più mappe principali che potrebbero essere setacciate da cima a fondo lasciando al giocatore anche una buona libertà d’azione e movimento. Peccato solo che questi scenari siano sostanzialmente vuoti o comunque avari di sorprese: si trova qualche risorsa, si incontra qualche nemico, si vedono bei panorami ma alla fine c’è ben poco altro. Questo tipo di scenari è studiato per favorire l’esecuzione dei tanti incarichi secondari presenti all’interno dell’opera: alla fine ogni area delle mappe, all’apparenza vuota, serve solitamente per mettere in scena le missioni secondarie, che sono all’incirca un centinaio all’interno del titolo Square Enix.

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Sfortunatamente anche le quest secondarie sono un altro dei punti deboli di Final Fantasy XVI. La larghissima maggioranza di questi incarichi sono infatti delle banali fetch quest senza grosso ritmo o profondità, utili magari per ottenere punti esperienza ma nulla più. La loro struttura è piuttosto ridondante e molto difficilmente regalano soddisfazioni in senso contenutistico, al tempo stesso però c’è da dire che finiscono generalmente in fretta e non portano via troppo tempo. L’aspetto più problematico, però, è che questo tipo di missioni ogni tanto fa capolino persino nella trama principale, spezzandone così il ritmo in alcuni momenti. Una scelta piuttosto discutibile, considerato che la main quest è generalmente ben strutturata e, solitamente, con un ritmo ben sostenuto. A maggior ragione restano poco spiegabili questi forzati tempi morti, che non erano assolutamente necessari da inserire in una quest principale che in realtà funziona bene per come è stata concepita.
Nonostante tutto, pur restando un punto debole del gioco, bisogna riconoscere che avanzando nell’avventura ed avvicinandosi alle fasi conclusive, anche le imperfette missioni secondarie acquisiscono un senso regalando molti approfondimenti narrativi, tra dettagli sul mondo di gioco, sviluppo dei personaggi (compresi quelli secondari) ed interessanti rivelazioni, oltre a sbloccare in alcuni casi utilissimi vantaggi come nuove armi da fabbricare o borse per le cure più capienti. Si crea così uno strano paradosso: nonostante la loro pochezza a livello ludico, le quest secondarie riescono comunque a regalare momenti coinvolgenti e pure qualche bel combattimento, spingendo dunque a volerle affrontare lo stesso, nonostante i loro limiti, proprio per scoprire davvero ogni segreto di Valisthea e dei suoi abitanti.
Più divertenti in particolari le Cacce non appena disponibili al nostro rifugio: trattasi di Boss Fight secondarie contro creature speciali generalmente molto più forti e resistenti dei nemici standard. Partendo da un grado C fino a salire verso S, le battute di caccia si fanno un poco alla volta sempre più lunghe, complesse ed impegnative (anzi, alcune risultano per davvero tra le battaglie più toste del gioco, riuscendo ad andare un minimo oltre i già citati limiti del grado di sfida) riuscendo in questo modo a regalare più soddisfazioni. Vale dunque la pena buttare regolarmente un occhio sull’apposita bacheca, dato che con il passare del gioco compariranno sempre più creature da affrontare e da cercare esplorando attentamente gli scenari, aiutandosi magari con i vari punti di Fast Travel per riuscire a scovarle più rapidamente con gli indizi a nostra disposizione.
Ecco dunque che Final Fantasy XVI si presenta piuttosto pieno di contenuti, al netto dell’effettiva qualità di ciascuna delle singole parti che lo compongono, alcune davvero eccezionali, altre invece piuttosto sottotono. Poco ma sicuro comunque, l’ultimo Final Fantasy intrattiene decisamente a lungo, richiedendo almeno una cinquantina di ore per essere portato a termine concentrandosi sulla main quest e facendo un po’ di secondarie; per chi invece vuole scoprire proprio tutto, il gioco può raggiungere anche le 70-80 ore di gioco senza grossi problemi. Certo, non sempre queste ore sono di grande qualità, ma alla fine, nonostante i suoi inciampi, il viaggio che Final Fantasy XVI offre ai suoi giocatori è uno di quelli che meritano di essere vissuti, perché è in grado di coinvolgere e di farsi ricordare una volta arrivati alla meta, sia nel bene che nel male.

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MERAVIGLIE CHE NON SI DIMENTICANO

Approfondito ogni aspetto del gameplay, è il momento di concentrarsi sulla “forma” di Final Fantasy XVI: la sua direzione artistica, la tenuta tecnica, la qualità audiovisiva, ogni singolo dettaglio grafico o sonoro che caratterizza l’opera del Creative Business Unit III. E prendendo tutti questi aspetti nel loro insieme, siamo davanti ad un risultato semplicemente meraviglioso.
Final Fantasy XVI è infatti un’autentica gioia per gli occhi: non solo il mondo di Valisthea rapisce con i suoi panorami evocativi, i suoi scenari ricchissimi di dettagli le sue città o villaggi dal sapore squisitamente medievale, ma conquista anche grazie ad un character design eccezionale, forse tra i migliori mai offerti da un Final Fantasy. Tutti i personaggi principali sono caratterizzati in maniera ispirata e curatissima, perfettamente riconoscibili e con una precisa identità anche sul piano unicamente estetico. Lo stesso discorso vale anche per gli antagonisti principali e per le numerose creature e boss che si incroceranno lungo il cammino, tra mostri storici della serie ed avversari inediti pensati appositamente per questa specifica iterazione. Forse il merito di questo character design così tanto riuscito risiede anche nel superbo comparto animazioni che caratterizza ogni singolo elemento presente su schermo, che si tratti di Clive, dei suoi compagni o delle avversità che stanno affrontando: tutto si muove su schermo in maniera così naturale e realistica da togliere quasi il fiato. Magari Final Fantasy XVI non è il meglio assoluto che PS5 ha mai offerto, e la console Sony può spingersi ancora più in là, ma in termini grafici quanto creato da Square Enix è un prodigio che riesco a soddisfare anche l’occhio più esigente.
In tal senso colpisce forte anche l’utilizzo semplicemente perfetto degli effetti speciali, che danno ancora più epicità ed atmosfera ad ogni combattimento con un occhio di riguardo soprattutto nelle colossali battaglie tra Eikon, che visivamente funzionano in maniera magistrale divenendo ancora più incredibili a vedersi, riuscendo a fare colpo anche su quei giocatori che magari non sono rimasti troppo colpiti da questi scontri sul piano strettamente ludico. In tal senso non si può dire nulla a Final Fantasy XVI: la messa in scena visiva è un autentico tripudio di spettacolarità, epicità ed ammirazione che fa quasi venire i brividi per l’incredibile impegno messo dagli artisti di Square Enix per dare vita a Valisthea ed i suoi meravigliosi regni. Persino i dungeon, pur nella loro lineare struttura a corridoi, riescono a dimostrarsi belli da vedere, ad ulteriore prova di come nulla è stato lasciato al caso.



Di fronte a cotanta meraviglia dispiace dunque di riscontrare l’unico ma rilevante limite tecnico del gioco, riguardante una stabilità del framerate che non riesce a convincere del tutto, quantomeno giocando in modalità Performance: l’opera dovrebbe viaggiare sui 60fps, ma solo in rari casi riesce effettivamente a raggiungerli e mantenerli (come accade, per fortuna, nei combattimenti), mostrando nella maggior parte delle circostanze di viaggiare verso numeri leggermente inferiori ed un po’ altalenanti. Si tratta però del solo limite tecnico effettivo del gioco (motion blur eccessivo a parte, sistemato però con una patch pochissimi giorni dopo il lancio), che per il resto dimostra invece una pulizia ed una stabilità davvero encomiabili già dal giorno del lancio: in un’epoca in cui è piuttosto comune ritrovarsi tra le mani prodotti problematici al debutto sul mercato, Final Fantasy XVI si dimostra un’importante e gradita eccezione, mostrandosi agli occhi del pubblico senza nessun bug, glitch o incertezza evidente.
Ma se c’è un aspetto dove davvero Final Fantasy XVI tocca vette di stupefacente immensità, quello è la colonna sonora. Masayoshi Soken, che già ha lasciato il segno con il suo lavoro svolto per Final Fantasy XIV, qui compone letteralmente l’opera magna di una vita intera creando musiche che sconvolgono l’animo del giocatore: che si tratti di brani dai toni orchestrali, epici e corali come si sente soprattutto nelle battaglie tra Eikon (“Away” è semplicemente una delle più grandi musiche mai offerte negli interi 35 e passa anni di storia di Final Fantasy), o di brani più rilassati e malinconici durante l’esplorazione o le sequenze narrative più profonde, la colonna sonora scatena brividi lungo la schiena e permette al gioco di raggiungere vette di immersione e coinvolgimento incredibili, contribuendo in questo modo a bypassare anche i suoi stessi, innegabili limiti ludici e strutturali.
A condire il tutto ci pensa un doppiaggio altrettanto superlativo: soprattutto in lingua inglese il lavoro svolto dai doppiatori è un perfetto manuale di come dare vita alla recitazione videoludica, contribuendo a rendere ancora più memorabili tutti i personaggi del racconto messo in piedi da Square Enix. Per la prima volta in assoluto nella serie, però, un Final Fantasy viene doppiato in italiano, ed è un grande piacere sottolineare che questa storica prima volta è stata svolta in maniera assolutamente onorevole e degna di grandi elogi. La speranza è che non si tratti dunque di un’eccezione, ma che anche ulteriori Final Fantasy di punta offrano ancora una volta il parlato nella lingua del Bel Paese.

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UN NUOVO INIZIO, NEL BENE E NEL MALE

Non importa come si presenterà, quanto grandi saranno le sue ambizioni e quanti stravolgimenti ancora lo caratterizzeranno: qualunque sia la sua forma, Final Fantasy è uno di quei nomi che riesce sempre a comunque a catalizzare le attenzioni degli appassionati ogni volta che una nuova iterazione fa la sua comparsa in scena. E continua a farlo anche se l’eventuale iterazione precedente non è stata all’altezza delle aspettative. Solo i più grandi nomi, i più amati, riescono sempre in questa impresa pure se il loro brand di punta attraversa un momento negativo o comunque lontano dai fasti di un tempo.
Final Fantasy XVI non è stata affatto un’eccezione. Ha saputo catalizzare l’attenzione su di sé da subito, sin dalla sua primissima presentazione, caricandosi subito di grandi aspettative e speranze da parte dei giocatori, portandosi sulle spalle grosse responsabilità dopo tutte le controversie che hanno accompagnato Final Fantasy XV anni prima, con il difficilissimo compito di far vedere che quella storica serie a cui appartiene è ancora lì, è ancora forte e che ancora sa non solo come far parlare di sé, ma anche come farsi amare proprio come un tempo.
Riuscire in questo intento non era assolutamente alla portata di tutti, soprattutto di una produzione consapevole che avrebbe ancora una volta spaccato in due critica e pubblico per via della sua essenza sempre più votata all’azione e sempre più distante dalle origini, nel tentativo di restare al passo con un mercato nel bene e nel male in continua evoluzione esattamente come le esigenze del pubblico.
Alla resa dei conti, Final Fantasy XVI si dimostra infine quella svolta cruciale per la sua leggendaria serie di appartenenza: è un nuovo inizio, e lo è nonostante le sue contraddizioni interne, il suo vivere di luce così brillante da accecare ma anche di ombre oscure che soffocano. È una montagna russa di pregi eccezionali e di difetti gravi racchiusi all’interno di un’esperienza che, alla fine, riesce a lasciare un segno profondo con la sua imperfetta grandezza.



Perché Final Fantasy XVI ha dei problemi grossi che sarebbe un grave errore ignorare. Non si può ignorare il fatto che il suo grado di sfida sia fin troppo tarato verso il basso che la larghissima maggioranza della sua avventura, e che solo in rari casi verso il finale riesce a regalare qualche stimolo più concreto. Non si può ignorare una componente esplorativa ridotta all’osso, e non tanto per la sua linearità marcata nei dungeon principali (quello alla fine è veramente uno dei mali minori che neanche pesano così tanto, a pensarci attentamente), quanto per il non voler sfruttare appieno il suo mondo di gioco, tanto bello ed evocativo quanto vuoto, nonostante le mappe perfette da sfruttare per la componente esplorativa c’erano eccome. Non si possono ignorare quelle missioni secondarie prive di creatività e di idee, per la grande maggioranza del tempo una semplice accozzaglia di fetch quest senza grossi spunti ludici.
Ma soprattutto, non si può ignorare che la componente ruolistica, quella che dovrebbe essere la colonna portante del gioco pur essendosi mosso con ancora più convinzione verso l’Action/RPG, è qui quasi inesistente, senza che la progressione del personaggio, il crafting ed il suo equipaggiamento abbiano un effetto davvero concreto sul suo sviluppo, senza che poteri elementali, bonus e malus funzionino in maniera concreta. Final Fantasy che è sempre stato sinonimo di RPG (JRPG a Turno o Action/RPG che sia) vede venir meno uno dei suoi elementi chiave. E questo, per molti, potrebbe anche risultare un problema imperdonabile.
Ma chi davvero conosce la serie, chi davvero la ama, sa bene che ogni Final Fantasy è letteralmente una storia a sé, ha la sua identità ben marcata così come il suo stile, fedele o meno alla tradizione passata. Ed è qui che, andando oltre ai suoi innegabili difetti, si apre un mondo incredibile che sa come scaldare il cuore.
Final Fantasy XVI ti conquista con una storia che, pur senza avere nessuna pretese di stravolgere chissà cosa delle tematiche fantasy-medievali trattate in ogni forma d’intrattenimento esistente, funziona in maniera sorprendentemente coinvolgente con una continua evoluzione degli eventi e soprattutto per merito di un cast di protagonisti, antagonisti e comprimari indimenticabile come non succedeva da decenni in un Final Fantasy.
Ti sorprende con una continua evoluzione del suo sistema di combattimento, che parte con il freno a mano tirato per poi evolversi di pari passo con il trascorrere del tempo, magari forse un po’ ripetitive sul lungo termine ma che dimostra anche una profondità molto più grande di quanto possa apparire in superficie una volta compreso al meglio come sfruttare ogni risorsa a disposizione. E che ti fa capire in maniera forte e chiara quanto ingenuamente ti sbagliavi a prenderlo in giro dandogli del “monotasto”.
Ti lascia a bocca aperta con alcune delle Boss Fight più epiche mai viste in 35 e passa anni di storia del brand in una perfetta combinazione di giocabilità, messa in scena e taglio cinematografico che ha tanto, tantissimo da insegnare a tanti altri kolossal sulla piazza. E che a tratti riesce addirittura a farti dimenticare della difficoltà ridotta al minimo.
Ti fa venire i brividi lungo la schiena con una colonna sonora che sa sempre catturare alla perfezione l’essenza di ogni momento del viaggio, che sia un combattimento, un dialogo o un filmato. E che ti strega con un mondo di gioco stupendo, una direzione artistica e di caratterizzazione estetica di personaggi e creature ispiratissima valorizzata anche da un comparto tecnico di spessore (ma peccato davvero per quei 60fps mai completamente stabili in modalità Performance). Il tutto senza dimenticare un doppiaggio in lingua inglese superlativo, ma anche lo storico debutto del parlato in italiano per la prima volta in un gioco della serie, gestito nel migliore dei modi possibili.
Ti tiene incollato allo schermo per decine, decine e decine di ore fino a quando non hai visto davvero tutto ciò che ha da offrire con la sua storia (sì, persino con quelle difettose secondarie), con i suoi scenari e con il suo gameplay.
La grandezza di Final Fantasy XVI risiede proprio in questo: nel riuscire a trascendere i suoi indiscutibili e grossi limiti con dei punti di forza così imponenti da riuscire a trasformare l’esperienza complessiva in un viaggio che vale la pena vivere fino in fondo, in ogni sua sfumatura, in ogni suo pregio e difetto, lasciandoti infine un ricordo indelebile del percorso compiuto al fianco di Clive Rosfield e dei suoi compagni.

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Ancora di più, Final Fantasy XVI ci ricorda importanti insegnamenti. Ci ricorda che un’esperienza ludica non deve essere la mera somma di pregi e difetti, ma deve spingere a farti riflettere su tutto ciò che hai vissuto nella sua interezza. Ci ricorda che, per quanto possa essere importante il nome che si porta, è ancora più importante valutare ogni gioco per ciò che effettivamente offre e per quella che è la sua effettiva essenza. E ci ricorda non sono quanto sia sbagliato concentrarsi solo e soltanto sui lati negativi ignorando tutto il buono che c’è intorno, ma anche quanto sia stupido fermarsi alla superficie ragionando superficialmente per pregiudizi o per sentito dire, senza riuscire così a capire cosa si ha davvero davanti né tantomeno la portata delle grandezze e dei limiti di una qualunque opera.
Non siamo davanti a un capolavoro, molto probabilmente nemmeno ad un “GOTY material”, ma Final Fantasy XVI si impone ugualmente come una delle più importanti opere della sua annata per aver dimostrato di avere un cuore, un’anima, che persino produzioni sulla carta ancora più grandi, blasonate ed “impeccabili” possono soltanto sognare di avere. E la speranza è che questo sia il vero punto di ripartenza per le opere single player di un franchise leggendario che da diversi anni a questa parte ha un po’ perso lo smalto di un tempo.
Chapeau, Naoki Yoshida. Chapeau, Creative Business Unit III. E per una volta tanto, chapeau Square Enix.

VOTO FINALE : 8.5

 
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view post Posted on 21/8/2023, 15:33
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Poteva essere un pò più lunga questa recensione, Chris :P :P

Scherzi a parte, articolo immenso sia per quantità che per sostanza :lol: Anche se non mi sento di concordare su tutto, si vede che ti sei preso il tuo tempo per valutarlo!
 
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view post Posted on 1/9/2023, 16:48
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CITAZIONE (The Warden Eternal @ 21/8/2023, 16:33) 
Poteva essere un pò più lunga questa recensione, Chris :P :P

Scherzi a parte, articolo immenso sia per quantità che per sostanza :lol: Anche se non mi sento di concordare su tutto, si vede che ti sei preso il tuo tempo per valutarlo!

Grazie mille caro ;)
Sì assolutamente, questa è forse la recensione su cui mi sono impegnato e dedicato di più in assoluto quest'anno, assieme a quella di RE4 Remake!
 
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2 replies since 6/8/2023, 09:48   115 views
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