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Dragon Quest II: Luminaries Of The Legendary Line, Recensione di ChrisMuccio

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view post Posted on 26/12/2023, 15:44
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DRAGON QUEST II: LUMINARIES OF THE LEGENDARY LINE
(SWITCH REMASTERED)



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CASA: SQUARE ENIX
SVILUPPATORE: SQUARE ENIX
GENERE: JRPG
GIOCATORI: 1



Per la riedizione Nintendo Switch di Dragon Quest II: Luminaries Of The Legendary Line vale un discorso molto simile a quello fatto per il primo episodio della leggendaria serie oggi in forza a Square Enix: il valore storico del classico originale resta immutato e, anzi, compie anche fondamentali passi in avanti rispetto al capostipite che ha dato il via al concetto di JRPG, rivelandosi una sua evoluzione che gli ha permesso di esprimere con ancora più forza tutto il suo potenziale.
Ma la versione Switch si rivela sostanzialmente un porting dell’edizione Mobile pubblicata qualche tempo prima, senza nessuno sforzo particolare volto a darle maggior valore. In poche parole, Square Enix ha provato a raggiungere il massimo risultato con il minimo sforzo, lasciando dunque tra le mani dei giocatori una conversione senza particolari meriti, che può attirare l’attenzione solo di chi vuole riscoprire questo classico dei giochi di ruolo nipponici o che non ha mai avuto modo di giocarlo prima d’ora. Ma di certo l’edizione Switch non è la miglior rappresentazione del secondo capitolo di Dragon Quest, pubblicato originariamente nel 1987, un anno dopo il primo titolo. E se da un lato è vero che Dragon Quest II senta il peso dei suoi oltre tre decenni, dall’altro in un solo anno la Enix di allora riuscì a compiere notevoli passi avanti consegnando ai giocatori un’avventura che, seppur ormai datata concettualmente, può essere ancora più piacevole da riscoprire rispetto all’originale Dragon Quest.

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In chiave narrativa Luminaries Of The Legendary Line è ambientato 100 anni dopo i fatti del primo capitolo. Il malvagio stregone Hargon attacca il Castello di Moonbrooke e minaccia di distruggere il mondo tramite l’evocazione di un potentissimo demone, Malroth. Un soldato sopravvissuto all’attacco riesce a fuggire verso il Castello di Midenhall, avvertendo il sovrano locale dell’imminente pericolo prima di esalare il suo ultimo respiro. Il Re incarica dunque a suo figlio, il Principe di Midenhall, di porre fine alla minaccia di Hargon prima che sia troppo tardi. Non è un caso che il giovane guerriero, il nostro Eroe, venga scelto per questa fondamentale missione: è infatti un discendente del leggendario cavaliere Erdrick, nelle sue vene scorre il suo sangue ed è dunque l’unico che può fronteggiare le forze del male e sconfiggere lo stregone. Ma il Principe non sarà da solo nel suo viaggio: ad affiancarlo ci saranno due cugini, il Principe di Cannock e la Principessa di Moonbrooke (i nomi dei protagonisti vengono decisi dal giocatore).
Già il fatto che stavolta siano disponibili tre diversi personaggi giocabili è un grosso cambiamento per Dragon Quest II rispetto al predecessore, che invece metteva a disposizione un solo personaggio; il discorso si estende anche per il numero di nemici che è possibile combattere durante un incontro casuale, anche fino a 5 o 6, laddove nel gioco originale si affrontava solo un avversario alla volta. Con Dragon Quest II, Enix di fatto stava già rinnovando il concetto stesso di JRPG attraverso nuove idee pionieristiche, anticipando di quasi un anno tutto ciò che gli appassionati avrebbero poi visto nel primo, leggendario Final Fantasy pubblicato nel dicembre del 1987 (il secondo Dragon Quest risale invece al gennaio dello stesso anno). Anche per queste ragioni Dragon Quest II: Luminaries Of The Legendary Line ha un valore storico non di poco conto, motivo per cui merita assolutamente di essere riscoperto anche a distanza di oltre 30 anni dalla sua originale pubblicazione. I decenni sono passati, i JRPG si sono costantemente evoluti con il passare del tempo e oggi di sicuro Dragon Quest II non può avere l’impatto di un tempo, eppure in qualche modo riesce ad essere godibile ancora adesso, nonostante sia figlio di un’epoca lontanissima.

Ma torniamo a noi. Come detto, la grande novità di un party composto da 3 personaggi comporta un gameplay notevolmente più ricco rispetto al primo capitolo. Anzitutto ogni eroe ha proprie caratteristiche specifiche: laddove il protagonista principale è un potente guerriero dalla grande forza ma privo di poteri magici, la Principessa è invece pensata per il supporto tramite incantesimi curativi od offensivi, mentre il Principe di Cannock è una via di mezzo, perfetto per il combattimento fisico così come abile con le magie. Il connubio tra le caratteristiche dei tre personaggi dà vita ad un party molto versatile e adatto ad ogni tipo di battaglia, nel frattempo che si prova a tenere sotto controllo le loro forze vitali. Qualora un personaggio dovesse venire sconfitto, morirà e sarà dunque necessario ricorrere alle benedizioni dei sacerdoti nei villaggi e castelli per far resuscitare i compagni caduti, in cambio di una certa quantità di denaro. Raccogliere soldi si fa dunque ancora più importante rispetto al passato, essendo indispensabili non solo per acquistare risorse ed equipaggiamenti sempre migliori (e sempre più onerosi), ma anche per gestire gli status dei nostri eroi durante il cammino.
Da tenere presente che Dragon Quest II non è esattamente una passeggiata di salute, ma anzi può rivelarsi ostico in più occasioni, anche con un party ben sviluppato. I nemici tendono ad essere molto aggressivi, soprattutto quando se ne affrontano gruppi interi, e possono prosciugare velocemente le resistenze del nostro gruppo anche se ben livellato. Risulta quindi cruciale non solo far salire di livello i nostri tre eroi a suon di punti esperienza, ma anche dotarli di equipaggiamenti sempre migliori ogni volta che si raggiungono nuove città e di conseguenza negozi sempre meglio forniti.



Quest’impostazione comporta due aspetti che, in particolare oggi, potrebbero risultare difetti non di poco conto per diversi giocatori: in primis, un grinding lungo, costante e spesso indispensabile non solo per sviluppare i personaggi, ma anche per ottenere denaro a sufficienza per ottenere tutte le risorse migliori. In secondo luogo, anche con il miglior party possibile c’è sempre un certo fattore RNG che può avere un peso più o meno significativo sull’esito di ogni battaglia: non è raro che la sorte non sorrida al giocatore durante la partita, mettendolo contro nemici più o meno numerosi e con tecniche più o meno pericolose che, specie quando causano alterazioni di status, rischiano di mettere in serio pericolo la sopravvivenza dei nostri eroi senza che il giocatore possa fare nulla per proteggerli. A volte il gioco quasi sembra voglia farti perdere a tutti i costi, non importa quanto siano stati grandi gli sforzi per dare vita a un gruppo pronto a ogni evenienza, ma che nemmeno se prova a fuggire ripetutamente riesce a salvarsi la pelle. In ogni caso è bene precisare che situazioni simili sono comunque occasionali e non vanno necessariamente a compromettere la godibilità del gioco, che sa comunque come regalare grandi soddisfazioni ad ogni vittoria, ad ogni progresso e ad ogni nuova abilità imparata. Perché se da un lato è vero che l’inventario complessivo è piuttosto limitato (anche se ogni personaggio ha il suo apposito permettendo così di accumulare più risorse), gli incantesimi che il gruppo apprende permettono di compensare facilmente a questi limiti non solo curando più facilmente ciascun personaggio, ma agevolando di molto anche l’esplorazione grazie a magie che fungono da utile fast travel. Ciò permette di raggiungere velocemente i punti di salvataggio presso i sovrani e di arrivare a città anche dall’altro lato della mappa in pochi attimi, evitando così di dover ripercorrere intere sezioni della mappa.

Mappa che, a tal proposito, si presenta di dimensioni più generose rispetto al primo episodio, ma comunque senza risultare troppo ampia o dispersiva. L’esplorazione riveste un ruolo centrale anche stavolta all’interno della produzione, e molto spesso non è chiaro quali sono i passi successivi da compiere per proseguire con l’avventura. Dragon Quest II resta un gioco dalla filosofia e mentalità “old school” anche con le moderne riedizioni, rimaste quanto più fedeli possibili all’essenza del classico originale, e a meno di non voler ricorrere a guide online è importantissimo parlare con ogni NPC che si incontra durante il gioco: è questo il solo modo per capire un poco alla volta quali sono i prossimi passi da compiere per andare avanti, oltre a comprendere che tipo di poteri o risorse usare per procedere salvaguardando la salute dei nostri eroi.
Proseguendo nell’avventura si sblocca pure una nave con la quale navigare per i mari raggiungendo isole ed aree altrimenti inaccessibili e dando così al giocatore una libertà ancora più marcata. Unico problema, una frequenza degli incontri casuali talvolta estenuante, che rischia di spezzare continuamente il ritmo del gioco e di rallentare continuamente il nostro viaggio o l’esplorazione di un’area da poco scoperta. Da notare infine che Dragon Quest II non prevede la presenza di particolari boss nel corso del gioco, lasciando comunque spazio a un bestiario piuttosto variegato, molto di più rispetto a quanto visto nel primo titolo.



Che dire infine del comparto audiovisivo? Sul fronte grafico, per Luminaries Of The Legendary Line si potrebbe fare lo stesso, identico discorso già fatto per la conversione Switch del primo Dragon Quest: si tratta di un prodotto pensato per sistemi mobile e adattato alla console Nintendo senza però nessun cambiamento rilevante. L’impatto visivo non riesce dunque a soddisfare più di tanto, con fondali e scenari rimasti praticamente invariati rispetto al predecessore e non esattamente uno splendore estetico. Viceversa, la caratterizzazione estetica dei nemici, seppur anche in questo caso figure statiche, risulta invece molto affascinante e ben curata, che valorizza appieno il tipico tratto visivo del mai troppo lodato Akira Toriyama. Molto bene anche per le musiche di sottofondo, ben remixate e piacevoli da ascoltare che mettono ancora più in risalto i toni avventurosi alla base dell’opera.

Come dicevamo prima, è logico e in un certo senso inevitabile che Dragon Quest II: Luminaries Of The Legendary Line accusi lo scorrere del tempo, specie nel porting di un’edizione rimasterizzata non esattamente eccezionale e che forse non riesce a rendere davvero giustizia al classico di un tempo. Il porting Switch non è memorabile, come del resto non lo era nemmeno quello del primo gioco. Tuttavia, nella sua epoca e nelle sue versioni migliori, Dragon Quest II era davvero un JRPG di elevata caratura, forse un po’ troppo criptico ed ostico in alcuni specifici momenti, ma aveva preso letteralmente quanto fatto dal predecessore e lo aveva ulteriormente elevato e potenziato in ogni singolo aspetto. Ciò si riflette anche in questa specifica edizione: se infatti il primo episodio accusava tutti gli anni trascorsi dalla sua uscita originale, Luminaries Of The Legendary Line regge meglio il colpo e, al netto di alcune impostazioni che avrebbero beneficiato anche di una piccola svecchiata, sa rivelarsi senza dubbio ancora più godibile e interessante. Porting pigro o meno, ogni amante della serie e del genere dovrebbe giocare almeno una volta questo capitolo, che ha avuto un ruolo non di poco conto nell’evoluzione dei giochi di ruolo nipponici.

VOTO FINALE : 7

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